giovedì 8 maggio 2014

quando l’ursus si chiamava urss


Il film italiano più interessante dell’ultimo Torino Film Festival è da ieri nei cinema di Milano e Bologna, più qualche altra sala a capocchia qua e là (il calendario in aggiornamento lo trovate qui). È un documentario (ma quanto li facciamo bene i documentari da un po’ di tempo a questa parte?) e si intitola Il treno va a Mosca: vi ho sufficientemente demotivati? E invece sbagliate, perché merita. Nel 1957, un gruppetto di comunisti di un piccolo paese della Romagna realizza il sogno di partire per l’Unione Sovietica. Selezionando 70 minuti da 40 rullini di filmati 8mm, Federico Ferrone e Michele Manzolini raccontano la forza dell’ideologia, l’illusione e l’allarmata delusione di chi si aspettava la grande madre Russia e si ritrovò (anche) tra oppressione e povertà. Eccellente il montaggio di Sara Fgaier, di cui avevamo già apprezzato l’ottimo lavoro ne La bocca del lupo. Aprono e chiudono il film la voce e il volto di Sauro Ravaglia, il barbiere oggi splendido ottantenne cui si deve la maggior parte delle immagini.

2 commenti:

  1. WTF, lascio l'Italia e fanno bei film, torno in Italia e fanno brutti film. Lascio di nuovo l'Italia e ora nuovi film. E ma che c...!!!

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    1. Sei gentile a portarci bene Alessandra, non voglio dire di restare là dove sei, ci mancherebbe, ma avvisaci quando torni, che leggiamo con più cura le sinossi! :-)))

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