lunedì 31 gennaio 2011

concettualmente


Temevo il punto di non ritorno. Temevo che dopo questo capolavoro assoluto, una roba che a rivederlo sale la pelle d'oca come quella sera, Albanese mi crollasse in un film inutile. Con piacere mi ricredo. Niente di fondamentale, ma Qualunquemente è fatto bene, fa ridere, fa pensare, è cinico, caino e bastasu (puh!) quanto basta. Certo la prima parte è folgorante, bel ritmo e una Calabria-Italia surreale (?) sospesa tra Almodovar e Pietro Germi; la seconda perde in freschezza, soffre di dejà-vu televisivo e si risolleva soprattutto grazie a Sergio Rubini, il cui barese di Milano è perfetto. Del finale vi diranno che è senza speranza, è cattivo, è... Rispondete come Laqualunque: fatti i cazzi toi! Io vorrei essere a Berlino quando lo proietteranno.

domenica 30 gennaio 2011

(sapessi com'è strano) sentirsi trulli a milano


- Tu studi? Non serve a un cazzo qui.
(Che bella giornata, Gennaro Nunziante)

Non ho ancora capito quanto sia paraculo, ma a me Checcozzalone (zeta sorda s'intende, ci ho una fidanzata pugliese mica per niente) sta simpatico. Al cinema, però, mi fa incazzare. Si vede che ce lo stiamo giocando, che finirà fra due-tre anni a fare il Pieraccioni dei trulli. Brutta immagine, eh? Sarà che Che bella giornata non ha solo una trama improbabile (è un film comico, ok), ma è, soprattutto, terribilmente innocuo, a parte un azzeccato Rocco Papaleo il cui personaggio è la cosa migliore del film. Che dire? Zalone non centra il bersaglio. Ché io mi metto nei panni di chi dovrebbe rimanerci un po' di merda riconoscendosi nei tic, nelle battute, nella triste italianità in cui affoghiamo: secondo me, tranne quelle due o tre eccezioni, non ci arriva, porcocazzo. Ride e ghigna per le battute più “generaliste” ma non si vergognerà neanche un po' di somigliare a quel truzzone sullo schermo. E se un buffone non serve anche a quello, resta solo una maschera. Vuota.

venerdì 28 gennaio 2011

quella cosa in lombardia


Fuggo le polemiche come faccio con i cretini o, se potessi, le emorroidi, quindi parlo serenamente di Vallanzasca. Perché è un film di un'attualità che lèvati. No, non perché oggi ci siano banditi del genere, grazie al cielo. Ma perché giornalisti e – peggio – gente comune di trent'anni e rotti fa, sono rimasti identici. Quante conferenze stampa estemporanee e piacione vivrebbe oggi uno come il bel Renè? Quante mail a fica aperta riceverebbe? Un fottìo, come le lettere di allora. E quanti plastici ci farebbe vespa? E poi ci meravigliamo di chi sbadiglia invidioso di fronte alle prodezze della lumaca storta del nano (a proposito, sappiamo del culo ma non del cazzo, che ci sia qualche riferimento nel volume secondo delle intercettazioni?)! Ma torniamo al film. Piaciuto, non entusiasmato ma piaciuto. Placido è un buon regista e lo sapevamo. Kim Rossi Stuart, che pure è molto bravo, è sovrastato da un ottimo Francesco Scianna (nei panni di Turatello) e uno straordinario Filippo Timi stile Volontè lisergico. I 125 minuti scorrono a meraviglia senza neanche avere il tempo di pensare a quanto sono gnocche la Solarino e Paz Vega. Il doppiaggio funziona a intermittenza, il cartello del senso unico negli anni Settanta era diverso, qualche soldo in più per la colonna sonora si poteva spendere (perché i Negramaro?), ma queste sono fisse di un Monk del cinema come me. L'unica vera mancanza è Milano, Italia: non c'è, non si capisce, non si respira com'era, com'è. Peccato.

mercoledì 26 gennaio 2011

re-animator


Trafugata la salma di Mike: lo psiconano si sentiva solo.

martedì 25 gennaio 2011

amen


I compleanni passano. Quello del blog, per dire. Due anni e non sentirli, che sommati a Piazza delle Erbe fanno quattro tra pochi giorni. Ma me ne sono dimenticato. E il motivo c'è: se faccio il compleanno io, mi fanno i regali. Con il blog non funziona così. Forse. Però provare si può. In questo weekend, comunque, tra tutto il resto noi un regalo ce lo siamo fatto, giusto perché buttare i cappotti qua e là era un gioco durato pure troppo. Mettendo a posto i cappelli ho ritrovato gli occhiali da sole: misteri del trasloco, magie destinate a perpetuarsi ancora per qualche mese. Era anche il compleanno di Eataly, il che ha significato un po' di spesa superflua (e quindi assolutamente necessaria), con quasi omaggio di patate e arance probabilmente per il resto della mia esistenza. Cosa dire dell'arte cinese contemporanea? Non so, però ho pensato tanto a poison. E poi, una galleria d'arte dentro un inferno commerciale continua a sembrarmi una furba ficata. La voluta mancanza di notizie dal mondo esterno per tre giorni, mai come stavolta è stata inutile: in Italia non è successo niente. Questo paese potrebbe uccidermi, e non parlo del bdcdP ma di questo stivale consunto nel quale noi tutti viviamo. E ha ragione ecù: col cazzo che, se ci togliamo dai coglioni lo psiconano, ci risolleviamo dalla merda in cui siamo sprofondati.

giovedì 20 gennaio 2011

pagina 63


Ieri sera ho messo da parte Dostoevskij per una lettura più lunga e impegnativa. Lo stile non è granché, per non parlare della scarsissima cura nell’editing, eppure si fa leggere. Non ha un titolo, ma direi che Invito a (s)comparire potrebbe andare. Sono le 389 pagine di intercettazioni (e non solo) che coinvolgono lo psiconano e il suo stuolo di lenoni, zoccole, nonché i conniventi amici e parenti delle stesse. I primi capitoli suscitano solo domande e dubbi. E questo è sicuramente un pregio. Non ho ancora capito come finirà, ma probabilmente il colpevole sarà il maggiordomo, uno dei tanti. Quella che ho scaricato è la prima versione, con (quasi) tutti i numeri di telefono, gli indirizzi, le date di nascita. Un’inquietante intrusione nella privacy, come affacciarsi dal mio ex appartamento e beccare le coppiette che si pastrugnano sotto al convento. Ma, d’altra parte, la strada sotto al convento è pubblica.

martedì 18 gennaio 2011

tutta n'ata storia


Ok, facciamo finta che io non abbia mai letto La versione di Barney. Che io non sappia neanche chi è Mordecai Richler. Che me n'è parso di questo film? Bravi. Bravo Giamatti, bravo Dustin Hoffman, brava e tanto ma tanto fica Rosamund Pike. Dialoghi qua e là divertenti e tante tante lacrime sul finale. Cataratte infrante, proprio. Dietro di me, ché – voglio dire – almeno quando piango io un po' di contegno riesco a mantenerlo. Sarà che quella storia della perdita di memoria fa cacare in mano proprio tutti. Me per primo. Ma il libro, signora mia! Lo so, ma non ce la faccio, è tanto, troppo diverso e tanto più bello... Questo Barney è pronto per gli Oscar, quel Barney è indimenticabile e basta.

lunedì 17 gennaio 2011

(s)thanatos


Vorrei avere il dono della sintesi che ha la Bionda. Ma lei è giovane, e anche – si dice – discretamente fica: forse è per quello che le sue rassegne stampa funzionano così bene. Io parlo di cinema. Ma mai soltanto di. D'altra parte, di quello ne so un po' di più e per tutto il resto ci sono fior di articolesse in ogni dove. Cosa potrei fare? Potrei vantarmi con «Lo dicevo già due anni fa» a proposito delle puttane del re (mi scusino i monarchici, è una citazione cinematografica...). Dell'uomo col maglione penso il peggio possibile, e più in generale di chi ancora ce la smena sul capitale il lavoro la classe operaia come fossimo duecent'anni fa e non si potesse uscire da questa impasse per cui o lavori o muori. Perché, non so voi, ma io mi sarei rotto il cazzo. Non so come se ne esce, ma personalmente prendo una cacatella di stipendio per fare altro. Sapessi come toglierci dai coglioni tutto ciò, vincerei il Nobel, o più probabilmente mi farebbero fuori. Mi fa orrore questo paesucolo senza rispetto, quello che guarda sei minuti di un Nuti disperato in tv, quello che si è scordato di Sakineh il giorno in cui ha confessato di avere ucciso, quello che crede al complotto comunista perché sessant'anni di democrazia cristiana (scusate la volgarità) mica si cancellano così, quello che il giorno dopo le monetine in faccia a craxi sappiamo bene per chi ha votato, quello che è così di sinistra che non sa più dove trovare la merda con cui seppellirsi e non governare. Ho schifo. Ho ribrezzo. L'ignoranza spudorata mi fa venire l'orticaria. E, in più, da sette mesi oscillo tra la voglia di dar fuoco a un ente pubblico non proprio a caso e quella di spaccare la faccia a un po' di gente. Stavo per scrivere “persone”, pensa che ingiustizia sarebbe stata.

domenica 16 gennaio 2011

o l'avevi soltanto sperato col cuore?


E finalmente, in un piccolo cinema strapieno al pomeriggio, ho visto Noi credevamo. La mia preparazione storica è pressoché da autodidatta, quindi non mi pronuncio sui dettagli di quello che, comunque, mi è parso un film ben costruito, ben  interpretato da un cast infinito (occhio ai punti di contatto con I demoni di Dostoevskij visti da Peter Stein), ma freddo, poco passionale, e però di un'attualità devastante, necessario per quelle scuole in cui si insegna sempre meno per paura di inciampare nella vita di tutti i giorni. D'altronde, una replica più sbiadita di quell'Ottocento ce l'abbiamo continuamente sotto gli occhi, a cominciare dall'industriale col maglione blumaren felice della sua piccola vittoria di sangue. E allora parliamo di questi torinesi del sabato pomeriggio. Massì, quelli pronti a ridacchiare ascoltando il loro dialetto e pronti a fare «eh?» ad ogni frase in cilentano. Quelli che sghignazzavano sulle battute anti Savoia. Quelli basiti dalla misera figura di Mazzini. Ah se avrei voluto essere seduto accanto al tizio che, a un certo punto, ha sussurrato alla figlia «Quell'anno lì è nato mio padre!»: finalmente una persona vera con qualcosa da dire.

giovedì 13 gennaio 2011

e tu del tempo non sei più signora


È una strana sensazione, e lo dice uno che non sapeva quasi niente del film che stava per vedere. Tu ti siedi per guardare Hereafter (Aldilà no, eh?) e accanto a te, come in un episodio di Billy e Mandy, ti trovi improvvisamente di fianco la morte. Immaginatela come vuoi, nel classico nero che sfina e non impegna oppure bianca con le ali mentre spezza le catene (e rompe i coglioni più di quello che mangia i popcorn dietro). O la preferisci con la falce, col martello, col maglione sudato di Marchionne? Fai tu, in ogni caso lei c'è. E non ti molla, lei e il suo senso di angoscia e la sua strizza sui coglioni (ovaie pour dames), almeno fino a quando sul finale il film non si trasforma e ti parla d'altro. E ti racconta una banalità così fondamentale che potresti dimenticartela: oltre la morte degli altri, c'è la vita. La tua. Ricordatene fratello, e vai in pace: te lo dice Clint Eastwood, uno che i film non li sbaglia quasi mai.

P.S.: ma quanto profuma di sesso la scena della scuola di cucina con Matt Damon e Bryce Dallas Howard? e che (g)astronomica minchiata è il sugo di pomodoro toscano preparato nella medesima sequenza?

mercoledì 12 gennaio 2011

oops!... i did it again


E con questo titolo mi sono garantito l'accesso dei teenager che non hanno in testa solo la fica muta (per quello c'è il post apposito, il più visitato – ancora oggi – nella storia del mio blog). Dici: oggi parliamo di Britney Spears? No, non ce la posso fare. Parliamo invece del duo Castellitto-Mazzantini e di come sia ricascato fra le loro grinfie dopo Non ti muovere. Che era un film terribilmente finto, peraltro recitato male da una Penelope Cruz fuori luogo. Del libro non so, sta lì, prima o poi lo leggerò. Comunque, la “colpa” del duo quest'anno si chiama La bellezza del somaro. Che sono andato a vedere soprattutto perché ci recita mio zio. Che non è propriamente mio zio, non è neanche un parente né mi guarda come si fa con (citazione colta del medesimo): parlo dell'immenso Enzo Jannacci, uomo che io amo (e da tanto) alla follia. Uno che mi appare immenso comunque, anche quando dice cose che non condivido. Perché confrontarsi con le idee di persone libere è un piacere sempre più raro. Tornando al film (la cui tesi, peraltro condivisibile, è che vecchi e giovani ci salveranno mentre i 30-50enni sono, per dirla con i miei conterranei, per la pressa), anche qui siamo al troppo costruito, troppo finto. Non c'è molta differenza con quei Vanzina della redenzione, quei film di mezza stagione con cui i fratelli tentano di rifarsi una verginità evitando equivoci sulle pompe. Di questo bailamme tipico di quella sinistra che gode del suo fallimento, di questo bordello urlato in cui anche la Morante (dio mi perdoni, ma è così) appare “troppa”, di questo patchwork in cui nulla manca all'appello dell'“era proprio necessario?”, dal karaoke stonato alle canne di padre in figlio, si salvano il surreale somaro del titolo, il sorriso disarmante di Jannacci, lo sguardo di Nina Torresi, il culo di Lola Ponce, la battuta del medico che manomette la macchinetta del caffè.

lunedì 10 gennaio 2011

sentimental journey


Se non avete concluso come si deve il 2010, inaugurate nel modo migliore il 2011: andate a vedere Away we go. Come? Non c'è? Provate a guardare sotto American life. Trovato? Ecco, prendete i fazzoletti, lasciate il pudore a casa e correte al cinema per ridere, commuovervi e anche le due cose contemporaneamente. Per una volta non mi incazzerò per il titolo italiano (?) che, seppure ruffiano, mi sembra abbastanza azzeccato. Anzi, io avrei proposto Occidental life, sicuramente più corretto e onesto. Perché il nuovo film di Sam Mendes, in fondo, si chiede una cosa semplice semplice: ha senso fare figli nel corso del lungo suicidio della nostra civiltà? La risposta, ottimistica, è sì. Non so se mi trovo d'accordo, ma poco importa. C'è una sceneggiatura (Dave Eggers e Vendela Vida) che ti entra sotto pelle, battute per le quali rassegnarsi a ridere da soli, attori perfetti dai protagonisti (John Krasinski e Maya Rudolph) ai tantissimi comprimari-mostri della porta accanto, una regia quasi pudica, poco invadente, ché tanto di più sarebbe troppo.

domenica 9 gennaio 2011

palermo shooting


Se non lo aveste capito, sono stato in vacanza. Piccola vacanza di tanti chilometri qua e là su una chiantatissima clio a noleggio, prove tecniche di convivenza, e te l'ho detto stamattina quanto ti amo e se poi non ce la facciamo e il tuo profumosapore addosso e pastrugnarsi in macchina anche sotto casa propria e (in)comprensioni e paure e se tu mi amassi ma no che non ti amasso, e io che fingo (male) di ricordare posti che mi hanno accompagnato per più o meno 27 anni, e pesce in ogni dove, e sorelle e nipoti spettacolari e foto, e letture mattutine Vian-Benni-Jodorowsky, e nessuna notizia di nessun giornale, e capodanno con la tv più brutta di sempre ma la compagnia migliore intorno, e il respiro sempre più pesante di P. e finalmente la donna di M. e cantare Don Backy con la compagna di F., e vi guardo e lo sapete quanto vi voglio bene anche se non ce lo si dice mai, e La bellezza del somaro di cui scriverò non bene forse domani chissà.
P.S.: buon anno, bastardi! Era proprio necessario scrivere in mia assenza tutti questi post? Qualcuno, anche vecchio, l'ho commentato. Temo che non lo leggerete mai.