mercoledì 27 agosto 2014

il bambino e il poliziotto


Dov’è che ho letto di questo film? Perdonatemi, non me ne ricordo. In ogni caso, qualcuno di voi mi ha ispirato e così ho cercato Ang pagdadalaga ni Maximo Oliveros, film del filippino Auraeus Solito, uscito nel 2005 e ovviamente inedito in Italia. E l’ho trovato, con difettati sottotitoli in spagnolo della serie “compro una vocale”: al posto di ogni vocale accentata (e chi mastica un po’ di spagnolo sa quanto la cosa sia ricorrente), un bel trattino lungo. Più che sottotitoli, alfabeto morse. Potevo scoraggiarmi? Sì, se il film fosse stato noioso. E invece. La storia è quella di un dodicenne (il bravissimo Nathan Lopez) che vive nella più totale spensieratezza il suo essere spiccatamente effeminato, complice la benevolenza del vicinato e una famiglia tutta maschile che gli vuole davvero bene e a cui, tutto sommato, fa comodo qualcuno che cucini, stiri, pulisca ecc. Ah, la famiglia in questione conta un padre e due fratelli ladri e ricettatori in una Manila piuttosto degradata. Tutto fila liscio finché una sera il ragazzino non rischia di essere violentato e viene salvato da un poliziotto. Amore a prima vista, non ricambiato dall’agente, ma quanto basta per turbare tutti, compreso uno dei fratelli che nel frattempo si ritrova un omicidio sulla coscienza. Senza l’ombra di morbosità, e con almeno un paio di sequenze davvero notevoli, il blossoming (eh, come lo traduci? lo “sbocciare”?) di Maximo Oliveros scorre bene fra dramma e commedia, salvo un finale un po’ troppo buonista.

venerdì 22 agosto 2014

francesca s’è svegliata


Mentre guardavo I dolci inganni mi chiedevo inevitabilmente: se uscisse oggi, avrebbe meno problemi? No. Certo, con internet si farebbe in fretta a vederlo piratato, ma l’asfittico moralismo democristiano del 1960 cinquantaquattr’anni dopo è sempre lì in agguato: non cercatelo solo in politica, leggetelo nei post sui social, pensate cosa scriverebbero su un qualsiasi giornale. Beh, comunque, il film di Alberto Lattuada (che all’epoca fu sequestrato, uscì tre anni dopo e non incassò una lira) ha i quattro minuti iniziali più erotici del cinema italiano e un primo piano finale battuto solo da De Niro in C’era una volta in America. Vi ho incuriosito abbastanza? No? Ok, proseguo. La storia è quella, nell’arco di una giornata, della ricca sedicenne Francesca (Catherine Spaak, in realtà appena quindicenne e di una bravura incredibile) che, dopo averlo sognato, capisce di desiderare un amico di famiglia che ha vent’anni di più; in serata riuscirà a scoparselo, ma le cose non andranno propriamente come previsto. Grandi comprimari Christian Marquand coprotagonista, Jean Sorel che fa l’attore burino e mantenuto, Milly deliziosa nei panni della nobile in decadenza e Donatella Chi l’ha visto? Raffai stronza compagna di scuola. Divertente, malinconico, erotico. Cinema che non si fa più, purtroppo.

mercoledì 20 agosto 2014

e quindi?


Io con Denis Villeneuve devo avere dei problemi. Mi manca La donna che canta, e a questo punto cercherò di vederlo quanto prima. Prisoners mi era piaciuto, ma non mi aveva fatto urlare al miracolo come avevo letto qua e là: bel film, belle interpretazioni, bel colpo di scena finale. Punto. Di Enemy sapevo poco o nulla, ma da quel poco mi ero fatto delle buone aspettative e così, trovato in tempo record, l’ho piazzato in tv, l’ho guardato con la ms e… eh. Sì, insomma, no eh. Uno: Jake Gyllenhal doppio è bravo ma non basta. Due: il naso di Mélanie Laurent non basta. Tre: la scelta cromatica non è un po’ troppo semplicistica? Quattro: il finale cosa avrà voluto dire? Cinque: le musiche, da sole, non fanno atmosfera de paura, fanno fastidio. Sei: anche il film, dai e dai, da fastidio. Un Lynch dei poveri, qualcosa che non capisci mai dove va a parare. Bisognerà leggere il romanzo di Saramago da cui è tratto per capirci qualcosa? È tutto un incubo di una persona malata? È metà e metà? E da cosa si capisce? Mi ha irritato un po’ come Primer, ma Primer almeno era noioso. Enemy si fa seguire, porcazzozza. E per questo si fa odiare ancora di più.

lunedì 18 agosto 2014

il collezionista di collezionisti


E insomma, ero lì, in attesa, dal barbiere. C’era solo un vecchietto prima di me, di più non potrei sopportare. Il mio barbiere (da cui vado pochissimo, usando prevalentemente la macchinetta) ha proprio la faccia da barbiere vecchio stile. Molto vecchio stile, roba che persino il fonatissimo abbronzatissimo anni Settanta che mi accorciava i capelli da bambino era già tanto, tanto avanti. Dal fonatissimo leggevo Diabolik, qui posso scegliere, dallo stesso cassetto (uh immagino già quando arrivano mamme con i bambini!) fra Topolino e Jacula. Albi tanto vecchi che se glieli rubo tiro su qualche soldo su ebay. E così stavolta mi sono messo a leggere Jacula, la vampira. In cui al massimo si vede la protagonista nuda stile Fujiko. In un Ottocento (?) dove spesso si parla come negli anni Settanta. Bellissimo. E, soprattutto, dio ti ringrazio, nessuna traccia di Visto e Chi.

martedì 12 agosto 2014

(brutti) risvegli


Ho una confessione da fare: da bambino non perdevo una puntata di Happy days. Mi piaceva proprio. Ed era un rito. Sette e venti (orario d’altri tempi, quando la pubblicità non (ir)rompeva ovunque), prima del telegiornale. La sera in cui Richie sognò Mork me la ricordo ancora, perché mi chiesi che stronzata fosse. Non lo dissi, ché all’epoca ero un bambino educato, ma lo pensai. Poi, poco tempo dopo, più o meno alla stessa ora ma sul secondo canale (come di che? della rai…), quell’essere strano riapparve, stavolta in una serie tutta sua, Mork e Mindy. E io lo adorai praticamente da subito. Beh, insomma questo fu il modo in cui buona parte della mia generazione ha conosciuto Robin Williams. Cosa sia successo ieri non si sa ancora, e anche se si sapesse con certezza mi sembrerebbe inutile o di cattivo gusto parlarne. Però ci sono due frasi dell’uomo Williams, non una delle sue mille facce sul grande schermo, che mi sono sempre piaciute. Una, che è forse la più famosa e riguarda la sua disintossicazione dopo la morte dell’amico John Belushi, dice «La cocaina è il modo che usa Dio per dirti che stai facendo troppi soldi». L’altra, di una serenità che oggi fa l’effetto di un graffio sulla lavagna, è «La morte è il modo in cui la natura ti dice: il tuo tavolo è pronto».