Jafar Panahi, che fino al 2030, a meno di una grazia o di un colpo di stato non potrà girare film né in Iran né in nessun altro luogo (gli è anche vietato viaggiare), è arrivato alla sua terza pellicola clandestina. Girato tutto all’interno di un’auto, con attori non professionisti, Taxi, visto in concorso alla Berlinale, racconta attraverso le voci e i personaggi più diversi le mille contraddizioni dell’Iran di oggi. Purtroppo, però, anche se fa pensare e non rinuncia a una buona dose di ironia, punzecchia appena e non va mai oltre la superficie. Curiosamente, l’affondo più brutale lo dà la piccola nipote di Panahi, quando legge le regole che le ha dettato la maestra e a cui dovrà attenersi per girare un film “distribuibile” da realizzare con la scuola.
martedì 10 febbraio 2015
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Già è stato coraggioso a fare un film clandestinamente, forse non gli si può umanamente chiedere di farlo anche profondo e molto cattivo... O sì?
RispondiEliminanon so, mi aspettavo di più
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