Secondo appuntamento della serie “Un anno un film”, o chiamatelo come volete. Chi si fosse perso la prima, la trova qui. Ricordo che l'idea è di Frank Manila, lo sviluppo di Bradipo, le minchiate invece sono tutte mie. Si comincia.
1974 – C'eravamo tanto amati
Uno dei più bei film italiani di sempre, il punto più alto di Ettore Scola insieme a La terrazza. Trent'anni di storia d'Italia visti attraverso il rapporto di amicizia fra tre uomini e una donna (Gassman, Manfredi, Sandrelli, il povero Satta Flores). Tutti straordinari, ma forse li batte Aldo Fabrizi, qui in un ruolo orribile e odioso, tanto distante dai suoi soliti. E Giovanna Ralli, troppo dimenticata, anche qui bella e magnifica nel ruolo dell'arricchita che scopre tragicamente la propria ignoranza. Gassman che si finge posteggiatore e Satta Flores che va a vedere la conferenza di De Sica sono due perle. Dialoghi impagabili di Age e Scarpelli.
1975 - Qualcuno volò sul nido del cuculo
Rivisto di recente, il film di Miloš Forman che racconta le ignobili storture del sistema psichiatrico nell'America dei primi anni Settanta non ha perso niente della sua forza e della sua modernità. A tutt'oggi uno dei ruoli migliori di Jack Nicholson, ma non dimentichiamo caratteristi con i controfiocchi come i giovani e sconosciuti Danny DeVito, Brad Dourif, Vincent Schiavelli, Christopher Lloyd, per non parlare della tremenda infermiera Louise Fletcher e di "Grande Capo" Will Sampson. Finale che è un pugno nello stomaco. Cinque Oscar meritatissimi.
1976 – Todo modo
Ancora Elio Petri, ancora Gian Maria Volontè. Film recuperato qualche anno fa a tarda notte e, prima dell'avvento del digitale, praticamente invisibile. Liberamente ispirata all'omonimo romanzo di Leonardo Sciascia, questa satira ferocissima della Dc di allora (ma molto attuale ancora oggi) fu reputata “pericolosa” visto il clima dell'epoca e, dopo il sequestro Moro, sparì dalla circolazione. Merita una riscoperta e, spiegando due o tre cose di storia, ci starebbe bene proiettata nei licei. Volontè è un Aldo Moro molto diverso da quello che interpreterà dieci anni dopo per Ferrara, eppure con pochi gesti ed espressioni lo restituisce paro paro. Tra gli altri interpreti, Michel Piccoli nei panni di Lui (indovina chi?), Mariangela Melato, Marcello Mastroianni e un sorprendente Ciccio Ingrassia.
1977 – Io e Annie
Il primo Woody Allen non si scorda mai. È sempre rimasto tra i miei preferiti, forse il primo (ma col senno di poi) a costituire il trittico dei film che hanno rappresentato la mia educazione sentimentale. C'è stato un periodo in cui conoscevo praticamente a memoria i due brevi monologhi che aprono e chiudono il film, più varie altre battute. Diane Keaton non è mai stata così attraente. La scena della coda al cinema, Shelley Duvall al concerto di Bob Dylan e Marshall McLuhan nella parte di se stesso rappresentano da sempre un sogno e un balsamo per il mio carattere di merda. Quattro Oscar sacrosanti.
1978 – Il cacciatore
Come per le banane e la nutella, da adolescente ne ho fatto indigestione. Dopo anni, di recente l'ho rivisto per intero, ed è sempre un’emozione anche solo guardare la faccia di De Niro. Uno dei pochi film di guerra che amo. Michael Cimino è uno dei più grandi misteri del cinema americano, Christopher Walken indossa forse la sua maschera più inquietante di sempre, e quando faccio un brindisi tra amici mi scappa sempre un po’ la voglia di dedicarlo a Nick (p.s. per i pazzi che si ricordano del mio blog su Libero: è vero, de Il cacciatore ho scritto cose molto simili anche di là).
1974 – C'eravamo tanto amati
Uno dei più bei film italiani di sempre, il punto più alto di Ettore Scola insieme a La terrazza. Trent'anni di storia d'Italia visti attraverso il rapporto di amicizia fra tre uomini e una donna (Gassman, Manfredi, Sandrelli, il povero Satta Flores). Tutti straordinari, ma forse li batte Aldo Fabrizi, qui in un ruolo orribile e odioso, tanto distante dai suoi soliti. E Giovanna Ralli, troppo dimenticata, anche qui bella e magnifica nel ruolo dell'arricchita che scopre tragicamente la propria ignoranza. Gassman che si finge posteggiatore e Satta Flores che va a vedere la conferenza di De Sica sono due perle. Dialoghi impagabili di Age e Scarpelli.
1975 - Qualcuno volò sul nido del cuculo
Rivisto di recente, il film di Miloš Forman che racconta le ignobili storture del sistema psichiatrico nell'America dei primi anni Settanta non ha perso niente della sua forza e della sua modernità. A tutt'oggi uno dei ruoli migliori di Jack Nicholson, ma non dimentichiamo caratteristi con i controfiocchi come i giovani e sconosciuti Danny DeVito, Brad Dourif, Vincent Schiavelli, Christopher Lloyd, per non parlare della tremenda infermiera Louise Fletcher e di "Grande Capo" Will Sampson. Finale che è un pugno nello stomaco. Cinque Oscar meritatissimi.
1976 – Todo modo
Ancora Elio Petri, ancora Gian Maria Volontè. Film recuperato qualche anno fa a tarda notte e, prima dell'avvento del digitale, praticamente invisibile. Liberamente ispirata all'omonimo romanzo di Leonardo Sciascia, questa satira ferocissima della Dc di allora (ma molto attuale ancora oggi) fu reputata “pericolosa” visto il clima dell'epoca e, dopo il sequestro Moro, sparì dalla circolazione. Merita una riscoperta e, spiegando due o tre cose di storia, ci starebbe bene proiettata nei licei. Volontè è un Aldo Moro molto diverso da quello che interpreterà dieci anni dopo per Ferrara, eppure con pochi gesti ed espressioni lo restituisce paro paro. Tra gli altri interpreti, Michel Piccoli nei panni di Lui (indovina chi?), Mariangela Melato, Marcello Mastroianni e un sorprendente Ciccio Ingrassia.
1977 – Io e Annie
Il primo Woody Allen non si scorda mai. È sempre rimasto tra i miei preferiti, forse il primo (ma col senno di poi) a costituire il trittico dei film che hanno rappresentato la mia educazione sentimentale. C'è stato un periodo in cui conoscevo praticamente a memoria i due brevi monologhi che aprono e chiudono il film, più varie altre battute. Diane Keaton non è mai stata così attraente. La scena della coda al cinema, Shelley Duvall al concerto di Bob Dylan e Marshall McLuhan nella parte di se stesso rappresentano da sempre un sogno e un balsamo per il mio carattere di merda. Quattro Oscar sacrosanti.
1978 – Il cacciatore
Come per le banane e la nutella, da adolescente ne ho fatto indigestione. Dopo anni, di recente l'ho rivisto per intero, ed è sempre un’emozione anche solo guardare la faccia di De Niro. Uno dei pochi film di guerra che amo. Michael Cimino è uno dei più grandi misteri del cinema americano, Christopher Walken indossa forse la sua maschera più inquietante di sempre, e quando faccio un brindisi tra amici mi scappa sempre un po’ la voglia di dedicarlo a Nick (p.s. per i pazzi che si ricordano del mio blog su Libero: è vero, de Il cacciatore ho scritto cose molto simili anche di là).
Si continua mercoledì 9...
Todo Modo non l'ho mai visto ma mi sono sempre ripromesso di farlo... credo che sia giunto il momento! ;)
RispondiEliminaè riuscito a tenermi sveglio a un orario improbabile. è micidiale. è cattivo. cercalo!
Eliminasinceramente a me Todo modo ha fatto l'effetto contrario,.,..non sono riuscito a metabolizzarlo...comunque ancora grandi film in questa seconda puntata
RispondiEliminabeh, non è di facile metabolismo, però ha delle intuizioni, dei colpi di genio, e ha grandi attori. credo che Il divo, per esempio, gli debba molto
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