«Mia figlia studia letteratura francese, una materia che credevo non esistesse»
(The social network, David Fincher)
Lo ammetto: il principale motivo per cui sono andato a vedere The social network è David Fincher, regista che difficilmente delude, anche quando i copioni non sono proprio di prima mano. Beh, ho fatto bene. Raccontare la storia del fondatore di facebook era materia rischiosa e troppo recente: c'è riuscito. Merito certo delle impagabili espressioni di Jesse Eisenberg (abbiamo rischiato di vedere in quel ruolo Shia Labeouf, rendiamoci conto), ma soprattutto della solida sceneggiatura di Aaron Sorkin, che va ben oltre la cronaca (perlopiù giudiziaria) o il giudizio su fb: incorniciata da un inizio e una fine da manuale, è molto più di una storia, è una parabola di ampio respiro raccontata con una incisività, un'arguzia e un sense of humour davvero rari. Unico neo Justin Timberlake: vederlo scheccheggiare nei panni del tossico puttaniere stronzo inventore di napster è piuttosto insopportabile.