giovedì 24 gennaio 2013

l’amore ai tempi della malattia


Nell’uggia di un’invernale domenica pomeriggio milanese, circondato da una folla di carampane scampate a A royal weekend nel cinema con la fissa del Rocky horror, ho affrontato Amour. Ora, Michael Haneke, piaccia o no, è uno che suscita reazioni. Tipo mavaacaghér, guardando La pianista. O manonstaremoesagerando?, scorrendo il numero dei premi vinti a Cannes. O ancora, maminchia!, se ripenso alla maggior parte dei finali. Detto questo, a me Haneke piace. Con moderazione, ma mi piace. L’avrei preso a testate dopo La pianista, ma questo è un altro discorso (del resto, dopo Il nastro bianco, barba o no forse l’avrei baciato). Stavolta, la storia di amore, dedizione, malattia, morte, di cui è protagonista la coppia di anziani insegnanti di musica interpretata con un’intensità mai urlata da Emmanuelle Riva e Jean-Louis Trintignant, pur glaciale ed essenziale com’è nelle corde del regista austriaco, è di quelle che ti rimangono dentro. E persino il finale maminchia! è notevole.

8 commenti:

  1. Ottimo film, ma secondo me Haneke si sta sedendo un pò troppo su se stesso.
    Ne parlerò nei prossimi giorni.

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    1. vorrei recuperare il settimo continente, tu l'hai visto?

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  2. Il miglior film del 2012 per me. Immenso.

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  3. In programma settimana prossima. E temo di perdermelo, perché rientro da Londra giusto 40 minuti prima dell'inizio del film. O qualcuno mi viene a prendere in aeroporto, contando su 1) puntualità 2) bagaglio rigorosamente a mano 3) zero intoppi in tangenziale 4) qualche intoppo in sala proiezione, oppure questa volta passo. Il nastro bianco semplicemente immenso.

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  4. Risposte
    1. uh come l'ho patito! ché io quegli animali lì proprio li odio...

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