E poi sto lì, ruzzlo in attesa che si liberi il bagno, scorro facebook e improvvisamente scoppio a piangere. Neanche fosse mio zio. Perché lui non era «...neanche un parente né mi guarda come si fa con (citazione colta del medesimo): parlo dell'immenso Enzo Jannacci, uomo che io amo (e da tanto) alla follia. Uno che mi appare immenso comunque, anche quando dice cose che non condivido. Perché confrontarsi con le idee di persone libere è un piacere sempre più raro». Così scrivevo da queste parti qualche tempo fa, e non trovo parole in più. Solo tanta tristezza, un dolore sordo, una roba che mi si piazza là, immobile, non scende. Mi metto a borbottare di Vincenzina che vuol bene alla fabbrica, e di Natalia la bambina in attesa di trapianto, e di Veronica al Carcano in pè. Mentre i singhiozzi si mescolano al fumo del sigaro, e questa notte si ingrigisce ancora di più.
venerdì 29 marzo 2013
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Grazie di esserci stato, di esser passato. Ci sei ancora dottore.
RispondiEliminaSo long, Enzo. Un grande.
RispondiEliminaE il prete esordisce con <<'si potrebbe andare tutti quanti al tuo funerale', eccoci, ci siamo al tuo funerale.>>
RispondiEliminaA noi che c'eravamo, con tanto di autografo semisbiadito, e a tutti quelli che sono 'nati dentro'.
http://sphotos-a.ak.fbcdn.net/hphotos-ak-ash3/558139_10201098687453268_1609146303_n.jpg
scusa la domanda stupida, ma tu sei tu? cioè mio nipote? o è una coincidenza?
EliminaEggià! E c'ero pure sto pomeriggio in sant'ambrogio, tra la Majonchi e il NonGiovane e 12mila fotografi da abbattere.
RispondiEliminaE forse ho pure capito come si mette il nome sui commenti, faccio progressi!
ecco perché non c'ero. odio i funerali, odio le folle, odio gli applausi all'uscita. baracconate. andrò al famedio la prossima volta che vengo a milano
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