giovedì 4 giugno 2015

when a dumb man cries


Partiamo dal finale? Sì, insomma, a me ha ricordato la sequenza iniziale di Melancholia, ma con la voglia di mostrare l’opposto. Nel film di Von Trier era l’annuncio di qualcosa di impossibile, in Forza maggiore è una sorta di happy end: la vita è una merda, ma non possiamo farci niente e tiremm innanz insieme, nonostante tutto. Mi aspettavo di più dal film di Ruben Östlund che mi ero precocemente pentito di aver zompato al Torino Film Festival causa difficoltà d’incastri. Secondo Fofi è una specie di Bergman mainstream: io però, a parte la comune origine scandinava dei due registi, non ci ho visto molto di più. Ed è un peccato, perché il film comincia bene, benissimo: tutta la prima parte, a cominciare dalle foto, è praticamente perfetta, annuncia bene quello che si aspetta. E quella montagna, quella neve, quella un po’ troppa natura che il giorno dopo avrei trovato in un film che è invece una perla, Youth (ne parlerò, sì), ci stava alla perfezione. Uh, e ci si diverte, eh, c’è la giusta dose di cattiveria e di ironia, la critica brutale al concetto di coppia o di famiglia, l’analisi dell’ipocrisia (toh, come Youth, ma una scalinata più giù). Poi però il regista ambisce all’ammicco, e si vede, soprattutto attraverso i personaggi secondari. E il protagonista a un certo punto crolla e piange sullo schermo. Tanto. Beh, di solito è il contrario. Ed è un uomo con le palle. Io.

1 commento:

  1. Son daccordo, inizia bene e sembra avere ottime intenzioni e poi parte per la tangente! :)

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