martedì 13 gennaio 2015

niente froci, siamo inglesi


Cos’è che dicevamo ieri? Ah, non era ieri? Era mercoledì? Cazzo come passa il tempo! Vabbè, viene quasi uguale, perché comunque oggi torniamo a parlare di solido cinema classico. Fatto nel 2014, visto nel 2015. Dopo Tim Burton, un’altra sorpresa. Un film da cui mi aspettavo poco, dato il trailer piuttosto loffio: The imitation game non è solo un buon tentativo di creare un biopic da Oscar (tentativo probabilmente disperato, visto che se la dovrà vedere con La teoria del tutto), The imitation game è proprio un buon film e basta. Non cercate svolazzi, virtuosismi di macchina o di scrittura: Morten Tyldum, regista norvegese al suo primo film di successo internazionale, forse si farà, o forse no. Ma sappiate che, anche se cercate bene, di retorica qui ne troverete davvero poca. La storia di Alan Turing, padre dell’informatica, matematico simpatico come un punteruolo nel culo ma capace di grandi slanci e di grande genio, l’uomo che con il suo computer ha aiutato la sconfitta dei nazisti, l’omosessuale represso che, una volta scoperto, da gloria dei servizi segreti diventa un malato da castrare chimicamente (vi ricorda qualcosa?), ti prende, ti emoziona, ti coinvolge. E insomma, io quando Keira Knightley va a visitarlo dopo tanto tempo, un pianto me lo sono fatto. Benedict Cumberbatch veste a pennello i panni di Turing. A Keira Knightley, forse un po’ sottotono, tocca il ruolo di Joan Clarke, la donna che, in quanto tale, partecipò in incognito alla decifrazione del codice e che, per amore del tutto, accettò anche di sposare il matematico, salvando lui dalle malelingue e lei stessa da un probabile marito stupido. Si esce gravidi di riflessioni: era solo metà del secolo scorso, ma non è che poi le cose siano cambiate così tanto. L’ipocrisia, in fondo, mi pare sempre più bulimica.

9 commenti:

  1. già sai, quindi non aggiungo nulla. :)

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  2. Anch'io l'ho visto così, tanto per dire di averlo visto, e invece mi è piaciuto. Storia avvincente, con quella svolta finale - per me che ignoravo del tutto le vicende di Turing - davvero amara. Bravo Cumberbatch, ma non da Oscar. Sarà che la dimensione collettiva del film funzionava parecchio e che i comprimari ben delineati - tipo i bravi Matthew Goode o Mark Strong, che ormai sembrano destinati a ruoli di comparse, anche se sanno sempre il fatto loro - spiccavano. Non mi è piaciuta solo la Knightley. Prima cosa: bionda ci perde. Seconda cosa: sfoggia una nuova serie di faccine alla Barbara D'Urso che mi hanno disturbato più del solito.

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    1. oddio che brutta immagine! però è vero, dopo un po', le faccine della Knightley non si possono vedere...

      io la storia purtroppo la conoscevo fino in fondo, ma ci sono stato male lo stesso: è una cosa veramente orribile, di una crudeltà insensata

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    2. E pensa che io non ricordo di aver visto A Dangerous Method. Leggo che lì dà il peggio di sé. Me lo evito, eh!
      Sì, vicenda orribile, anche se ho apprezzato che il film - molto inglese, molto a modo - non mostrasse poi... come dirlo senza fare spoiler? L'atto finale. Ho letto su Wikipedia e ho capito anche la scena di lui che, su consiglio della collega, distribuisce le mele.

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    3. ti dirò, la Knightley è l'ultimo problema di A dangerous method, anzi. è che è un film freddo, che non comunica emozioni

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  3. Ti dirò, nonostante tutto continua a non ispirarmi per nulla. ;)

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  4. Anche io l'ho trovato un bel film e, anche se continuo a ripetermi, ho trovato Benedict davvero molto bravo. Keira invece non l'ho apprezzata per niente, ha fatto da cornice scomoda a Benedict che satva benissimo anche da solo. Non so, mi è sembrata superflua ed estremamente minuscola in confronto alla bravura di Benedict.

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