lunedì 9 dicembre 2013

se è cinico deve essere il belgio


Ma quante soddisfazioni dà la cinematografia di quel piccolo sputo di nazione incastonato tra Francia, Olanda, Germania e Lussemburgo? Quasi quanto le sue birre. Il problema è che, se qualche birra bene o male arriva, i loro film da queste parti spesso rimangono sconosciuti. Au nom du fils, poi, è pressoché improbabile che esca in Italia. Il film di Vincent Lannoo è uno dei tre che mi hanno fatto gridare yeppa al Torino Film Festival: una commedia nera in cui si riesce a sghignazzare di cose terribili come chiesa e pedofilia, una satira cruda e spietata che vede protagonista una donna (Astrid Whettnall) che, dopo la morte del marito e il suicidio del figlio, scopre che il primo si allenava alla guerra santa contro i musulmani, l'altro era stato abbandonato dal prete che lo aveva circuito. Svalvola (o forse no) e comincia a uccidere tutti i sacerdoti coinvolti in questioni torbide in una escalation degna di Tarantino. Ci si diverte un sacco, alla faccia del politicamente corretto.

5 commenti:

  1. Un po' mi spaventa ma al tempo stesso incuriosisce un sacco. ;-)

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  2. Bel film, con diverse scene francamente inaspettate, un anticlericarlismo quasi religioso, una protagonista ferreamente devastata, una delle pochissime sorprese positive del tff 31.

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    1. ma tu perché non hai un blogghe?

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    2. perché so' lettrice e non scrittrice! :-))
      infatti ho scritto sbagliato anticlericalismo! :-(

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