lunedì 19 dicembre 2011

io me ne andrei


Ebbene sì, sto per prendere un aereo: di quelli che non portano troppo lontano, ma ti restituiscono 20 gradi. Io e Unfattovéro espatriamo per una decina di giorni. Voi fate i bravi, mangiate il giusto, bevete e fornicate senza misura, rilassatevi con una cannetta, fate girare l'economia oltre che le balle (ma senza esagerare). In poche parole, fate un buon Natale. Ché noi implacabili si torna. Credo.

mercoledì 14 dicembre 2011

come una corsa dentro al louvre


La giovane receptionist mi guarda come fossi uno scarafaggio, felice di sapere che non dormo lì. «Primo piano» dice. «Non sono abbastanza vecchio o abbastanza sfardato» penso io. Sopra, l'età media è 70 anni. Dopo un po' arriva la coppia lavorativa-forse non solo di quelle due che più le guardo più mi piacciono, due donne più belle dentro che fuori, e pensare che con una ci avevo litigato via mail qualche anno fa. Poi si appalesa la terza, che non mi ricordavo così interessante in tutti i sensi, con un marito strana mistura di intelligenza, silenzi e faccia da ex pugile di un film francese. Quattro alieni, cinque con me che qui faccio panza-e-presenza a nome della ditta. Gli altri, usciti da un misto di Waters e Buñuel e non lo sanno: ci sono pure due piccoli incroci tra Divine e Moira Orfei. Cerimonia interminabile, compreso un quartetto di orchestrali che insieme avranno sessant'anni e abbassano notevolmente la media. Sempre meglio che lavorare, penso guardando l'orologio. Soprattutto di questi tempi.


lunedì 12 dicembre 2011

si starà meglio quando si starà meglio


Beh, è proprio vero: esci da Midnight in Paris (Mezzanotte a Parigi no, eh?) e stai bene. Un po' com'era con Basta che funzioni. Vuoi vedere che Woody Allen va ad anni alterni? Sebbene il trailer inviti a non guardarlo, il film è adorabile, a cominciare dal cast: un sorprendente Owen Wilson, perfetto alter ego del regista, e poi Adrien Brody, che ha finalmente una bella parte in un bel film dopo tante robe brutte, Rachel McAdams fica di legno, Michael tonyblair Sheen ineccepibile cacacazzo, la coppia di fasci ignoranti Kurt Fuller e Mimi Kennedy... Direte: è uno spottone su Parigi. Vero, viene subito voglia di tornarci. Direte: tutti i personaggi celebri sono delle macchiette. Vero, serve alla tesi del film, che non vi spiego sennò è inutile spendere quei 7-8 euro de felicità. Unico neo, il doppiaggio: i francesi che parlano come Clouseau sono insopportabili, anche se si chiamano Léa Seydoux.


mercoledì 7 dicembre 2011

l’ospite disatteso


Ci sono film che passa un po’ di tempo e t’incazzi. Esce venerdì, ma l’ho visto al Tff la settimana scorsa, Mosse vincenti, traduzione scema dell’intraducibile Win win. Regista Thomas McCarthy, di cui ai tempi avevo tanto apprezzato L’ospite inatteso. Ora, non è che Win win sia brutto, è che più ci ripenso più mi accorgo di quanto tutto sommato sia abbastanza scontato, anche il finale happy solo a metà; la classica pellicola sportiva che vede l’incontro-scontro tra l’adolescente problematico (il pur bravo esordiente Alex Shaffer) e l’adulto (onni)comprensivo Paul Giamatti che, lontano dalle sue prove migliori, torna a fare l’ennesimo sconfitto con il fisico di un pupazzo gonfiato male. Peccato, perché alcuni dialoghi sono divertenti, Bobby Cannavale nel ruolo dell’amico e Burt Young nei panni del vecchio rinco sono due piccole perle.

martedì 6 dicembre 2011

qualcuno era comunista


Robert Guédiguian invecchiando diventa sentimentale. Dovremo preoccuparci? Mah. Io di notte dormo lo stesso, tuttavia Le nevi del Kilimangiaro, pur essendo un buon film, mi ha lasciato un po’ così. Dirigendo i suoi “soliti” attori (Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darroussin, Gérard Meylan) e ispirandosi liberamente a un poema di Hugo, Guédiguian riesce a raccontare senza lagne e con poche sbavature una storia di crisi, cassa integrazione, mancanza di memoria, ignoranza, sensi di colpa, voglia di godersi quello che si è sudato senza per questo essere accusati di essere borghesi piccoli piccoli. Darroussin dà vita a un personaggio splendido che cita Jean Jaurès, ama l’Uomo Ragno e, di fronte al suo rapinatore, resta più ferito dalla ingiustizia delle parole che dalle botte. Peccato che il tutto culmini in un finale stucchevole e poco credibile, nella forma come nella sostanza.


lunedì 5 dicembre 2011

oltre björk c’è di più


Il Torino Film Festival l’ha vinto un bel film, e son soddisfazioni. Si tratta di Á annan veg (che vor di’? pare In ogni caso o Comunque sia…) dell’islandese Hafsteinn Gunnar Sigurdsson. Su Repubblica è stato definito “beckettiano”: ottimo per allontanare il grande pubblico e deludere quello che ama farsi le seghe mentali. In una parola, con tutto il rispetto e l’ammmore per il teatro del sommo, Beckett in questo caso non c’entra una minchia. Più calzante l’accostamento a Kaurismaki, specie quello dei primi film. Ambientata negli anni Ottanta, è la storia divertente e malinconica della difficile amicizia tra due operai della compagnia stradale: il più giovane è ingenuo e fissato col sesso, il più vecchio, giuggiolone e fidanzato con la sorella dell’altro, tenta di imparare il tedesco con le cassette. Nonostante il film si regga sostanzialmente su di loro (la fidanzata vive in Germania, le uniche altre due presenze sono uno spassoso camionista dispensatore di alcolici e una donna che appare in un paio di occasioni senza dire una parola), si ridacchia e non ci si annoia neanche un momento. Uscirà in Italia? Mah.


venerdì 2 dicembre 2011

quasi 34


La storia è avvenuta davvero nel Massachusetts ed è stata trasportata cinematograficamente dalle sorelle Delphine e Muriel Coulin nella Bretagna più inguaiata. Parlo di 17 filles, che uscirà anche in Italia col titolo miracoloso di 17 ragazze, e che ho visto nei giorni scorsi al Torino Film Festival. Si racconta per l'appunto di sedici giovani virgulti che, coinvolti dalla diciassettesima di loro, decidono, per rivoluzionare la loro triste vita di provincia, di emularla restando incinte alla bell'età di sedici anni. Detto così, si può pensare a una lamata. In realtà il film è meno inquietante di quanto sembri, anche se siamo in zona Dardenne. Le protagoniste sono perfette e, al di là del tocco tragico, il finale è quello che mette davvero paura, quando si spegne l'utopia e la baia si popola di carrozzine.


giovedì 1 dicembre 2011

mr. beane e il baseball


Per cominciare, sappiate che non mi sono perso. Sono al Torino Film Festival, e me lo sto godendo ancora per poche ore. Mentre sto scrivendo sono a quota 22 film. Problemi di connessione, o di costi di, ma datemi tempo e vi relaziono. Comincerei dall'inaugurazione, in compagnia naturalmente di miss po' e della Bionda, oltre che di stelle e stelline (la notte s'avvicina) tipo Charlotte Rampling, Laura Morante e, soprattutto, quella fica stratosferica di Valeria Solarino. Che quasi me la perdevo (pensate come sto messo) se non fosse stato per la prontezza di riflessi della poison. Il film d'apertura, che il resto dei mortali (salvo quegli sciagurati che usano il mulo) vedranno dal 27 gennaio, era Moneyball-L'arte di vincere, commedia sul baseball ispirata a un libro tratto da una storia vera. Direzione del regista di Capote, bei dialoghi, qualche ghignata, storia assurdamente davvero successa, finale amaro, Brad Pitt in grande spolvero, Philip Seymour Hoffman che ha sempre il suo perché, rivelazione Jonah Hill. Per il resto, poco di più. E se non capite una mazza di baseball (sì, insomma), continuerete a vivere nell'ignoranza.


giovedì 24 novembre 2011

put on your red shoes and dance


Sapevo chi era Pina Bausch, merito di F. e dei suoi studi. Mai vista dal vivo, anche se - con coraggio dettato dall’ammmore - avevo guardato la videocassetta di Die Klage der Kaiserin, uno strano non-film scritto, diretto e coreografato dalla stessa. Wenders ha spesso dato prova di eccellenza nei documentari (forse più che in tanti film) e la mia curiosità su Pina era tanta, almeno quanto quella mostrata da Unfattovéro. E così, con gli occhialoni per il 3d che sembravano quelli del vecchietto di Up, ci siamo immersi nell’atmosfera del Tanztheater Wuppertal. La storia è nota: il progetto del film arriva da lontano, poi la Bausch muore e un film con Pina diventa un film per Pina. Il che non sempre evita la retorica degli intervistati su quanto fosse fico, interessante, emozionante ecc. lavorare con la coreografa. Tuttavia ha punte di genialità - e di forte impatto emotivo - il modo in cui Wenders riesce a trascinare il pubblico anche meno “istruito” in materia. Bello, con un 3d spesso prezioso.


mercoledì 23 novembre 2011

senza nessun obbligo baciaculistico


Faccio bene a non guardare quasi mai i trailer. Faccio bene a non leggere quasi mai le recensioni. Faccio bene a fidarmi della mia curiosità e andare al cinema così come si dovrebbe vivere, d’istinto. Anche perché avrei rinunciato, in un sabato pomeriggio già uggioso di per sé, a un bel film che dai più è stato venduto come difficile, noioso, verboso e, soprattutto, (vade retro!) filosofico. Certo, il Faust di Sokurov non è un cinepanettone, ma non è di sicuro più complicato dell’ultimo Malick o di Melancholia, ed è pure attraversato qua e là da una lieve, rinfrancante ironia. Allora qual è il problema? Che non c’è Brad Pitt? Che la fica di Isolda Dychaux (diciott’anni meravigliosi) è meno famosa delle tette di Kirsten Dunst? O è il formato da film muto a destabilizzare? Che poi, dopo qualche minuto, ti ci abitui: c’è talmente tanto, dentro quelle piccole inquadrature, che alla fine fatichi a pensarle a 35 mm.


lunedì 21 novembre 2011

lasciarsi un po’


C’è questa scena, lui e il padre in ospedale, il medico parla e parla fuori campo, come il giudice nei primi minuti. Lui sta sbottonando la camicia a quel grosso corpo che un tempo conteneva una persona e adesso poco più di un silenzioso, enorme bambolotto con l’Alzheimer. E mentre il medico parla di prove, di lividi, di ecchimosi, quasi come dovesse fare un’autopsia, lui ha un’esitazione che dura forse due secondi, e con una pietas che ti spacca in due richiude bottone dopo bottone la camicia del padre, gli rimette la giacca, lo porta via. Ecco, prendi questa scena, prendi la parte iniziale, i titoli di coda, e capisci che l’Orso d’Oro a Una separazione ci sta proprio tutto. Ah, non aspettatevi una storia di corna o di pippe esistenziali. Come in A proposito di Elly, Asghar Farhadi ci racconta l’Iran piccolo-borghese, stavolta in contrasto con quello dei derelitti capaci di chiamare il numero verde per sapere se pulire il culo a un malato è peccato.


mercoledì 16 novembre 2011

se viggo mortensen può fare freud, perché michael gambon non poteva fare aragorn?


Lo ammetto: l'unica cosa che mi ha spinto a vedere Un metodo pericoloso è saperlo diretto da David Cronenberg. Ché se non ci fosse stato scritto proprio così, peraltro, non l'avrei mai detto. Un po' gelido melodrammone con tanto di musiche stracciapalle, un po' “ma guarda quant'è frescone, falso e opportunista Jung”, un po' numeri di bravura di Keira Knightley, un po' sesso tristanzuolo (a Cronenberg le scene di sesso proprio non riescono, se ne faccia una ragione, metta delle belle dissolvenze come si faceva nei film di una volta...), un po' Mortensen che ti fa venire voglia di fumare il sigaro dopo dieci minuti, ma - stringi stringi - un corpo estraneo che fatica a emozionare, o anche solo a comunicare.


lunedì 14 novembre 2011

l’ultima bottiglia


Per dirla con il Trap: no say the cat is in the sac. Entusiasmi e feste mi sembrano drammaticamente prematuri. Certo, forse non facciamo la fine della Grecia e questa è cosa buona e giusta. Forse il mondo smetterà di prenderci per il culo. Ma intanto quello non è scomparso dalla vita pubblica come quelli del Caf. Sta lì, cerca alleanze, tra un po’ chiederà ai pensionati, ai cacciatori, per adesso si accontenta dei nostalgici del duce, forse pensa che abbiano nostalgia di lui. Ma mettiamo pure che sparisca, lui e tutta la corte di nani e ballerine. Quanto ci metteremo a spurgare? Quand’è che non vi sentirete in colpa per una battuta un po’ greve, per un commento scatologico, per un apprezzamento a un bel culo? Quand’è che finiranno le crociate per una pubblicità a base di tette o si smetterà di considerare omofoba una considerazione di rara banalità? Quell’essere ha davvero così spostato l’asse del buon senso e del buon gusto o forse vi siete solo ricordati improvvisamente che non solo morirete democristiani, ma presumibilmente anche cattolici?

mercoledì 9 novembre 2011

papà, che vuol dire reprobo?


Avete meno di dieci anni o siete intorno ai quaranta? Sfidate le intemperie, c'è Tintin. Che simpatico son parole grosse, ma a me ha sempre dato quel sapore di giovedì sera, quel Supergulp che resta un unicum nella televisione italiana, Don Chisciotte a cartoni contro il maicbongiorno di turno e prima dell'avvento di Derrick. E poi, regia di Spielberg. Steven, sai il regista di Incontri ravvicinati, Et, Indiana Jones, il produttore di Super8...? Come? Ha fatto anche tre Jurassic Park? Impossibile, dev'essere un omonimo. Comunque. Bello. Bello bello bello Le avventure di Tintin. E tanto, tanto retrò. E per questo richiede una verginità e un senso dell'avventura tutto bambino. Oppure nostalgia. O tutt'e tre, se si è capaci. I titoli di testa sono notevoli, ma quelli alternativi, cazzo, cercateveli su youtube e vi leccherete i gomiti. Scene come quella iniziale, quella nel deserto, la battaglia delle gru o l'inseguimento del falco (a proposito, ancora nessun coglione a dire che Tintin è razzista nei confronti degli arabi?) sono pura delizia. Certo, manca Tournesol. Ma si può avere tutto? No, infatti quello non si dimette.

mercoledì 2 novembre 2011

la fine del mondo nel nostro solito petto


Ho passato buona parte del primo tempo (a parte la scena dell'auto, che intuivo per qualche ragione essere perfetta) a chiedermi se avesse un senso doversi sorbire Melancholia giusto per vedere le tette di Kirsten Dunst. Odiosa lei, odioso il contesto, gente orribile tutta concentrata sul proprio ombelico, Charlotte Rampling che le sentivo già le madaminchie a dire «Eh sì, brava ad avercela col mondo con un marito così», laddove il marito era solo un povero, magnifico priapico svampito interpretato dall'ottimo John Hurt. Per tacere del personaggio di Udo Kier, ché se voglio vedere checche isteriche mi sintonizzo su canalecinque. Poi però il film comincia. Sì, a metà. E allora scopro che von Trier ci ha preso abbondantemente per il culo. Che il suo è un messaggio incredibilmente ottimista. Che gli onanisti mentali, così impegnati a credere o a non credere a qualcosa per nascondere le proprie ubbie, alla fine hanno la peggio. E solo la protagonista, che soffre davvero e davvero risorge, alla fine è quella che muore serena. Un film sorprendente. Nulla di strano che le mie “valvole”, come quelle del protagonista di Una banda di idioti, abbiano giustamente fatto i capricci.


lunedì 24 ottobre 2011

perché sono monello?


Sono impazzito? No, torno a parlare di This must be the place. Cheppalle? Non è colpa mia, prendetevela con il mio ammmore che, pur continuando a minchionare sul fatto che non capisce niente di cinema (palese bugggia), mi ha messo una pulce nell'orecchio di cui non riesco a liberarmi. Si parlava del finale e io dicevo «Beh, secondo me aveva senso che finisse sulla scena della sigaretta. Un finale che diceva tante cose ma aperto, che dopo non sai». E lei (cito a capocchia, ma il senso è questo): «A me è piaciuto finché ci sono i colori vivaci. Da quando lui smette di essere se stesso per diventare “adulto”, i colori sono grigi». E allora ho rivisto Cheyenne e mi è venuto in mente l'eterno equivoco su Pinocchio. Quel capolavoro della letteratura italiana che da sempre fa comodo trasformare in favoletta Disney, quello che ci intortano a scuola essere finto quando di legno, vero se bambino ingabbiato nelle convenzioni sociali. Forse quello di This must be the place non è un happy end. O forse Sorrentino (e chissà Collodi) non ci ha nemmeno pensato.

venerdì 21 ottobre 2011

a me la scritta cuisine non dispiaceva


Com'è che diciamo noi ggiovani? Tanta roba! Esci dalla visione di This must be the place con la testa, le orecchie, il cuore pieni. Magari riconciliandoti il mattino dopo con un finale che ti aveva soddisfatto a metà. Certo, Paolo Sorrentino deve tanto alla visione dei Coen e di Lynch, ci sono scene di raccordo che non sarebbero state perdonate a Muccino, il film si fonda quasi tutto su uno Sean Penn in stato di grazia la cui interpretazione sembra (?) costruita per l'Oscar, ma Caaaazzo!, come direbbe lo stralunato protagonista, nulla è lasciato al caso, l'estetica non è quasi mai calligrafica, e si esce notevolmente appagati. Ah, 'ndovina? Ho pianto. Ché, insomma, quando Cheyenne si sfoga con David Byrne (che fa se stesso, meraviglia d'uomo) e tira fuori tutto quello che fino a quel momento avevamo solo intuito, beh Caaaazzo! se non ci si commuove si è un po' bestie.


lunedì 17 ottobre 2011

mica stiam qui a pettinare le bambole


Settimana lavorativamente complicata, quella scorsa. E i tanti spunti per un post, mah, svaniti. Ché mi sarebbe pure piaciuto raccontare l’ennesima e per me inedita fetta di Milano (non il salame, oh stupidi superstiti lettori), ma chissà, magari tornerà fuori. Poi ieri, complice un ritardo di sei minuti sull’orario che ci interessava, abbiamo saltato il triangolo Freud-Jung-Cronenberg in favore di Tomboy. Che è un piccolo film francese di una regista sconosciuta (Céline Sciamma), interpretato da un nugolo di giovanissimi notevoli (ma più ancora della protagonista Zoé Héran, è fantastica la piccola Malonn Lévana) e che racconta l’indecisione sessuale di una bambina di dieci anni, sospesa tra il desiderio di farsi accettare dal gruppo, vivere la cotta per l’unica altra ragazzina dei dintorni e sopravvivere a una happy family ai limiti dello stucchevole. Carino, “delicato” come si diceva una volta, con alcuni momenti molto riusciti.

lunedì 10 ottobre 2011

d’amore di morte e di altre sciocchezze


Lui ha un amico immaginario giapponese e, in preda ai sensi di colpa, flirta con la morte, lei ha un cancro, tre mesi di vita e se ne innamora senza saperne nulla. In mano ad altri, Restless (no, il titolo italiano no!) sarebbe stata una indigeribile mappazza per sartine dentro; Gus van Sant, che pure non è al suo film migliore, lavora fortunatamente per sottrazione, senza compiacimento del dolore, e realizza una specie di Love story a tratti originale, spesso spiazzante, con la complicità di due gggiovani formidabili, Henry Hopper e, soprattutto, Mia Wasikowska. Come dite? E certo che si piange come vitelli, compresi i titoli di coda con The fairest of the seasons cantata da Nico.

venerdì 7 ottobre 2011

lc 630


Perché oggi? Perché sono uno snob, perché ci sono rimasto di merda, perché volevo capire se e cosa scrivere, perché tutt’intorno è un fiorire di cazzi miei. Buttar lì le frasi di mr. Jobs mi sembrava una roba da fb, anche se più le leggo e più rendo conto di quanto spesso mi ci ritrovi. Il fatto è che il patron di Apple ha invaso piacevolmente la mia vita come quella di qualche miliardo di persone. Ha saputo coniugare bellezza e funzionalità. Un pezzo sostanziale di Pixar è opera sua. E lo slogan «la fantasia al potere» sembrava avere trovato finalmente il suo senso. Non sopportando le prefiche, mi piace citare uno Spinoza di ieri, impagabile come spesso accade: «Steve Jobs è morto. Vediamo se Bill Gates gli copia pure questa».

giovedì 6 ottobre 2011

anche tu sei in terapia?


Fidatevi: prima trombate, poi andate a vedere l'ultimo Almodóvar. Altrimenti rischiate non solo di non trombare, ma di fare anche dei signori incubi. La pelle che abito è uno strano strano film in cui il regista ha messo tutto, troppo: non manca quasi nulla all'appello dei casi psicanalitici. Il colpo di scena è piuttosto telefonato nonostante l'improbabile costruzione temporale; il sarcasmo spalmato qua e là non è sempre efficace, anzi talvolta è incomprensibile. Eppure c'è un'intrigante atmosfera a metà tra Jesus Franco e Rebecca la prima moglie, c'è Antonio Banderas fieramente invecchiato (bel culo, peraltro) che sembra uscito da qualche noir malato della vecchia Hollywood, e c'è Elena Anaya (bellissimo culo, peraltro) che dà una prova straordinaria a metà tra la bambola smarrita e l'angelo vendicatore.

lunedì 3 ottobre 2011

cinque minuti


Saranno quegli orribili titoli di testa fucsia, le palme di Los Angeles, la colonna sonora in stile, la presenza di un irriconoscibile Albert Brooks (com’è invecchiato maaale); sarà che Carey Mulligan è la classica tipa di cui mi sarei innamorato follemente a 15 anni, ma finito Drive mi sentivo così Eighties che mi erano persino cresciute le spalline. Detto ciò, ma che goduria è ’sto film? Regia impeccabile, grande ritmo, belle idee (vedi la lunga sequenza iniziale o quella dell’ascensore), Ryan Gosling perfetto senzanome con due espressioni, poche battute e un unico vestito sempre più lercio. Voglia di recuperare i film precedenti di Winding Refn, compreso il bistrattato Valhalla rising ché, come si sa, curiosissimo sono.


venerdì 30 settembre 2011

a clockwork roman


Teatro al cinema senza noia o artifici, una regia così presente da divenire impalpabile, un quartetto di attori impagabile (Christoph Waltz e Kate Winslet una spanna più su): Carnage non è un capolavoro, ma “solo” una godibilissima, crudele, gran bella trascrizione di Polanski della commedia di Yasmina Reza.


lunedì 26 settembre 2011

rocchetti e carboni


Lui ha un ciuffo colorato di verde sotto un berretto di cotone grosso, unghie laccate e piedi curati in sandali da donna, lei piuttosto tonda ha un vestito classico da uomo di mezz’età. Scherzano, parlano di ragazzi, ogni tanto si fermano a cantare una canzone quasi fosse una preghiera. Chi dovrebbero essere, non lo so. Troppo vecchio, troppo poco conoscitore di manga. Non va meglio con gli altri, tanti, fermi fuori dalla stazione e poi via, verso la sala dell’albergo che li accoglierà. Riconosco al massimo un Jigen, una Sailor Moon, un pagliaccio di mcdonald’s (ma perché?). Alcuni si spogliano, vestono, truccano cammin facendo, un corteo colorato a metà tra Fellini e Gregg Araki. Chi guarda senza capire, chi con sconcerto, chi sorride, chi si sofferma su un deltoide, una coscia, una scollatura. Gli asiatici, gnanca un plissé.

venerdì 23 settembre 2011

il portiere della notte


Alto, mezzo curvo, quasi calvo, l’uomo scende dall’auto. Muovendosi come un fragile John Wayne al rallentatore o un Jimmy Stewart che si accorgesse di essere vecchio, apre il cancello della villetta, rientra in macchina, fa pochi metri dentro il cortile, parcheggia, richiude alle sue spalle per un tempo che sembra infinito. È quasi entrato in casa quando sente il rombo di una moto. Torna indietro con la medesima lentezza, riapre il cancello, il ragazzo scorreggia un’inutile potenza dall’alto del sellino. Si scambiano un cenno (padre e figlio? nonno e nipote?). Richiude di nuovo, resta appeso per un attimo al cancello, guarda intorno, poi il cielo, quasi a sincerarsi che non ci sia davvero più nessuno.

giovedì 22 settembre 2011

grazie (e auguri)


Ci sarebbe da andare a prendere X. Dove? A Milano. Stica. Sarà anche meglio che lavorare, specie con il bdcdP penetrato in ogni dove? Sì. E così ci si documenta, Unfattovéro legge il suo romanzo, io ogni tanto sbircio: penso che potrebbe starmi sul cazzo (lui? il libro? tutt’e due?), ma forse no. Infine si va, macchina francese brutta come un transformer ma veloce come una scheggia. Milano di domenica a pranzo, se non sei in centro, è deserta come un qualsiasi paesello dei dintorni: neanche l’eco di una partita alla radio, l’ombra di un bar aperto. Una pizzeria sguelfa ci concede di malavoglia un caffè, noi che una pizza, averci tempo, la si mangerebbe volentieri. L’uomo scende, dà subito del tu, parla, chiede, risponde, fa quello che non se la tira, noi quelli che chissenefrega se è un vip. Dopo due ore d’auto volate via con piacere, il gelo per il brutto albergo che gli è stato riservato. Seguiranno a breve i capricci per il ristorante dove mangerà (pregiudizio gratuito, stavolta) e chissà che altre pippe di cui non sono a conoscenza. Che resta della persona con cui abbiamo viaggiato? Una simpatica dedica sul frontespizio, temo.

mercoledì 21 settembre 2011

è solo il giorno che muore?


Chi ha detto che le bombe delle sei non fanno male dev’essere uscito dall’ufficio alle cinque e mezza. Ho avuto la mia prima doccia fredda della nuova gestione. Certo, altri metodi: discussione pacata, ascolto, comprensione, lucidità. Ma la cazzata che ho fatto resta, lì, tenace come una vecchia cacca di piccione.

martedì 20 settembre 2011

especially tonight


Quando partono le note di Povera patria mi rendo conto che non è la prima volta che ascolto Battiato dal vivo. Era l’estate del 1992, c’era questa grande manifestazione con cantanti e attori a partecipare del dolore, dello sdegno e della voglia di ribellione (almeno così pareva allora) nei confronti della mafia e di quelle stragi che nel giro di due mesi avevano cancellato Falcone e Borsellino. Insomma, ora come allora mi commuovo, tanto. A parte che non è neanche l’unico momento del concerto in cui mi sciolgo, provateci voi quando ccu tuttu ca fora si mori na' mori stranizza d'amuri. E poi il grande spettacolo è lui che, vestito come suo nonno, sembra uno dei giovani truccati da vecchi di qualche moda fa. Ed è un fantastico mistero la perfetta alchimia con la chitarra di Davide Ferrario, scatenata ombra rock alle sue spalle, con quella faccia un po’ così, da strappamutande introspettivo.

mercoledì 14 settembre 2011

e come l’anno scorso


Anche questa stagione inizia con Elle Fanning. E io a dire quanto è brava. E bella. Se il buongiorno si vede dal mattino, siamo sul genere Mariel Hemingway: speriamo non si perda. Super 8 è un film che aspettavo senza saperne nulla. Mi bastavano le parole fantascienza, Spielberg (sì, vabbè, ha prodotto anche Transformers, ma cerco di dimenticare), Abrams (l'uomo che con Lost mi ha riportato dopo anni alla visione sistematica di un telefilm). Della trama non sapevo una beata mazza, se non di vaghi omaggi a E.T. e Incontri ravvicinati. Ma il film è molto di più. Intanto ha dieci minuti iniziali e dieci finali di totale perfezione, compresa una scena, quella delle riprese in stazione, che ti scioglie qualsiasi cosa dentro e se non piangi a fontana hai qualcosa che non va. E poi un gruppo di giovanissimi attori che funziona benissimo, un’ambientazione impeccabile, una spudorata dichiarazione d’amore verso il cinema che culmina con l’imperdibile “film” dei titoli di coda. A trovargli dei difetti, le musiche di Giacchino che campa un po’ di rendita da Lost, e il bruttissimo alieno che, per fortuna, appare nella sua interezza solo verso la fine.

martedì 13 settembre 2011

la risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l'universo e tutto quanto


Insomma c’era questo mare che faceva quasi male tanto era bello e desiderato e caldo e appena mosso, in un pomeriggio che era già ritorno anche se facevamo finta che no. E ti guardavo, mentre leggevi il romanzo angosciante che forse non mi piacerà ma poi chi lo sa. E meditavo sulle ultime 48 ore insieme, alle curve e ai tornanti che sono il karma di un’estate (ma si chiamano tornanti perché tornano?), ai tanti visi studiati, le vite incrociate, ché si fossi Rumiz arderei lo web ma si fossi Dantès come sono e fui a malapena riuscirei a scriverci un post. E ti guardavo e ti accarezzavo con finta noncuranza, un’anca, un fianco, la linea del costume. E pensavo che 42, in fondo, è un gran bel numero.

giovedì 8 settembre 2011

un giorno senza (ma anche gli altri dopo)


Prima notizia: Valentina Lodovini è davvero tanto fica, anche con (o forse anche grazie a) quei chiletti in più: urge la visione di Pornorama, leggerina commedia tedesca sul mondo degli hard anni Settanta in cui la Nostra fa vedere le tette. Seconda notizia: Abatantuono in versione leghista dalla morale con triplo salto carpiato è un’innocua, simpatica macchietta, lontana, troppo lontana dalla vera merda verde. Terza notizia: credo che Mastandrea mi piacerebbe anche se leggesse il bollettino dei naviganti. Quarta notizia: Laura Efrikian (sì, la fidanzata del Giannone Morandi nei musicarelli; o miei lettori, ma quanto siete vecchi?) regala un personaggio e un paio di battute memorabili a un film (Cose dell’altro mondo, non l’avevo scritto?) che scorre un po’ via, così.

mercoledì 31 agosto 2011

una botta e via


Il dottore è giovane, svizzero e raffreddato, l’accento mi ricorda «Tu mancia» e il post di poison, ma resto serio. Spalma il gel, passa e ripassa, fa la faccia concentrata, poi gira il monitor in modo che possa vedere anch’io. Infrazione alla costa. Senti come suona: in-fra-zio-ne. Ma come, ma se le multe che ho preso si contano sulle dita di due mani! Infrazione: piccola frattura, tanto piccola che c’è solo da aspettare che passi. Ma lei ha avuto un trauma? Mi verrebbe da chiedergli «in che senso?». Comunque no.

lunedì 29 agosto 2011

il dono usato della perplessità


Mai capito agosto. Mese della solitudine, quasi sempre. Da ragazzino noi si partiva prima, si tornava prima. Agosto era caldo infernale e spiaggia senza conoscenze. Era voglia di tornare a scuola, ché almeno c'era qualcuno. Dopo, mica tanto diverso. A pensare un agosto sensato mi viene in mente Londra, 1992. E Francia, 1999. Poi vennero gli agosto lavorativi, i finti weekend lunghi, la quaresima degli scazzi. Settembre è sempre stato il mio preferito, poche palle. Sarà che ha ragione il Poeta con quella storia che «ti siedi e pensi e ricominci il gioco della tua identità, come scintille brucian nel tuo fuoco le possibilità», sarà che c'è quell'altra santa don(n)à secondo cui «è tempo di imparare a guardare, è tempo di ripulire il pensiero», sarà che c'è il mio compleanno. Compleanno che, essendo fatto di regali, non può portarmi brutti pensieri.

venerdì 26 agosto 2011

lo chiameremo andrea


A dispetto dell’alcool e del caffè, le mie analisi sono quelle di un giovane virgulto. Quanto alla radiografia, ci sono rimasto un po’ male: il cd non è compatibile col mac e le quattro righe di referto sono aria fritta di un medico troppo scrupoloso o troppo sapientino. In ogni caso, neanche uno straccio di motivo sul simpatico dito piantato in mezzo alle costole (ché quella più o meno è la sensazione). Farò l’ecografia. Appena conosco il sesso, giuro che ve lo comunico.

mercoledì 24 agosto 2011

nell'attesa che venga quel giorno (ma ora no)


No, non è un post sulla verginità. No, non sono stato in ferie. È che dopo qualche secolo ho fatto un po’ di esami sangue-urine e una radiografia. Male, parecchio, in zona mammaria destra. Colecisti? Troppo in alto. Costole incrinate? Come? Il mistero forse si dipana domani. In compenso mi prodigo in cappelle, la mia stupidità è amplificata e fa ancora più male. Non solo a me. Non è una scusa, ma scusa.

giovedì 18 agosto 2011

and the winner is kevin spacey


È o non è uguale al vostro presidente del consiglio? Altro che Ettore Andenna coi capelli di Pippo Baudo, è proprio lui. Forse un pelo più di panza, forse. Splendido mattatore di un filmettino carino da fine estate, Horrible bosses (no, il titolo italiano no, mi rifiuto ancora una volta). Dove i tre capi cattivi (che tre sfigati cercheranno di uccidere complice un divertente cameo di Jamie Foxx) sono per l’appunto Spacey, Jennifer Aniston dentista ninfomane (urge decifrarne le tette, qualcuno ha delle foto?), Colin Farrell abbruttito (e abbrutito) cocainomane con riporto. Qualche scena molto divertente (tutta la sequenza a casa di Kevin Spacey), Charlie Day una spanna sugli altri due sfigati, qualche battuta uccisa senza alcun motivo (per dire, se la spieghi, quella su Delitto per delitto non fa ridere: asino!).

martedì 16 agosto 2011

ignudi tra i nudisti


Mattù, Dantès, che ci fai a 1400 di quota? Terrone nato in ammollo, tu, cosa ci trovi? Beh, me lo chiedo tutte le volte. Tutte le (poche, in verità) volte che mi ritrovo nel nulla di un silenzio circondato da boschi, la macchina che arranca nell'anarchia delle marce, strade strette e clacson e speriamo che nessuno arrivi dall'altra parte. Però. Però ci sono i ruscelli, e gli alberi. Una sensazione che qualche minchia definirebbe infantile, che io chiamo primordiale, di gratuità di quell'acqua, di quella frutta. E poi i sentieri ad anello. Che vai, magari ti perdi, ma c'è sempre qualcuno a cui chiedere. E alla fine tutto torna, anche un dettaglio che sembrava inutile, anche quello che credevi di non capire. Come in un romanzo di García Márquez.

mercoledì 10 agosto 2011

ch'anco tardi a venir non ti sia grave


Domenica sera di quelle già stigmatizzate dal Poeta, tra scazzi, incomprensioni e «Cazzo domani si lavora». Aperitivo riconciliante con se stessi, forse anche con un pezzetto di mondo. Accanto a noi un quartetto di quindicenni che sembra una brutta riedizione di Yuppies: ci sono il fighetto, lo sfighetto, il furbetto, quello che si accoda finché va bene. Il furbetto lo riconosci dai vestiti casualmente casual e sfardati; è quello che vuole la bottiglia di bolle, e se costa 50 ce li mette lui e non se ne parli più. Meditano la festa dei 16 anni, parlano di affittare una cascina, euro a tre zeri senza battere ciglio. Li conosco, li ri-conosco, amici di amici un quarto di secolo fa non erano molto diversi. Questi però mi mettono un po’ più tristezza. E almeno in Yuppies 2 c’era Boldi che vestito da suora urlava «Non sono mia sorella, non sono mia sorella»: una stronzata che - faccio outing - mi smuove da 25 anni una irrefrenabile, minchiona, risata liberatoria.

lunedì 8 agosto 2011

un bacio non dato, l'amore pensato


Conoscevo poco Gazzè, ma se scrivi cose come Annina o Il timido ubriaco, o t’inventi un finale geniale come quello di Cara Valentina, hai la mia stima quasi a vita. Così sabato siamo andati al concerto. E lo spettacolo, ancora una volta, c’è stato anche prima. Dietro di noi, ingegnere sui 50 malportati, versione alta e casual del Pinguino di Batman, si parla addosso e si racconta con punte adolescenziali che lasciano un tenero sgomento da rivincita dei nerds. Ad ascoltarlo con devozione c’è un trentenne che, se non fosse altrettanto nerd, potrebbe essere anche carino; parla poco e ha rimpianti e nostalgie che sembra doppiato da una canzone di Max Pezzali. Penso che se si scoprissero gay, sarebbero una coppia perfetta. Temo che invece il Pinguino continuerà a inseguire inutilmente la sua idea di amore infermiera dell'Avis, mentre la canzone di Pezzali continuerà a sognare la coppia perfetta dal liceo per la vita.

giovedì 4 agosto 2011

dove eravamo


Era la mia prima vacanza estiva rosicchiata al lavoro, un weekend lungo alle Cinque Terre con la DRFM, la sua macchina nuova, il mare, le camminate, quel ristorante in un paese deserto, piccole sale e un balconcino e un panorama tutto nostro. Tornavamo la sera e la tv ci investiva con una violenza fascista, crudele e inconcepibile, la realtà e il suo contrario, voci che si accavallavano mentre un ragazzo morendo diventava santo o criminale appena 100 chilometri più a ovest. C’era più dell’impotenza: come un senso di colpa, un sentirsi fuori luogo, fuori contesto. Ci guardavamo, ci prendevamo per mano, sperando che l’amore cancellasse quella mostruosità, o almeno ce la facesse dimenticare.

martedì 2 agosto 2011

a horse with no shame


Lei, dice, ha una paura, forse solo traslata, di farsi male. Io ho una sola paura: di fare una figura di merda. Il giro del tondino sa di circo dimesso, persino un paio di spettatori che poi vanno via, quando la bambina rotondetta e inutilmente in tiro è pronta a tornare a casa. La ragazza è sicura, simpatica, il mantra che ripete non è casuale, bacchetta a tempo ogni movimento sbagliato, chissà da quanto tempo, per quanta gente, in questo pezzo di campagna a due chilometri da casa, fuori ma ancora dentro al bdcdP. Chissà cosa pensano i cavalli. Questo, cavallo. Che sopporta la mia discesa ardita, agile come Fantozzi con la schiena bloccata. Un cavallo cui ho paura di far male con i talloni, che non so se e come toccare, come una donna che ti piace ma di cui temi il rifiuto. Un cavallo che finito il suo turno si piazza davanti alla stalla, cosce aperte, e piscia, come un cartellino d'uscita, un torrente in piena.

venerdì 29 luglio 2011

ho la notte alla finestra e continuo a girarmi


Guardo l’ora? Meglio di no. Guardo l’ora: 04.50. Cazzo. Tu dormi come stretta in un sacco a pelo, ansimi, russi, la testa sotto il cuscino, ti giri, comunque dormi. Invidia. Cerco la tua mano, trovo un ginocchio, un culo, una montagna di piumone. Come i rumori (ma quanto pisciano al piano di sopra?), si amplificano i piccoli dolori. Un piede, un braccio, un fianco, cerco di fottermene, mi tiro su. Mi alzerei, un capitolo del libro, un biliardo su fb, un post, ma ricado giù. Come i rumori (gatto vomita, gatta miagola strano), si amplificano i pensieri. Preoccupazioni galleggiano in un inquieto laghetto di minchiate. Guardo l’ora? Meglio di no. Guardo l’ora: 05.50. Zzz.

mercoledì 27 luglio 2011

canzoni e cicogne


Avevo sempre pensato fossero una leggenda metropolitana. Poi, domenica, eccole. Tre, una dietro l’altra, belle, eleganti, maestose, le ali enormi, apparire e sparire dietro i profili dei palazzi. Ci sono sempre state. Forse avevo soltanto bisogno dei tuoi occhi per vederle.

… e vorrei dirti cose come "vita mia",
stronzate assurde tipo "fammi compagnia"…

martedì 26 luglio 2011

dirti harry


È finita. Davvero. La nostra storia era iniziata un bel po’ di tempo fa ma, per dirla con Mercedes Sosa, todo cambia. Certo adesso potremo vedere le tette di Emma Watson, Alan Rickman tornerà al teatro lasciando a Panariello l’imitazione di Renato Zero, Rupert Grint potrà ingrassare e Daniel Radcliffe potrà esibire una voce adulta. Ma porcazzozza quanto m’è piaciuto ’sto gran finale di Harry Potter? Meraviglia. Dieci minuti in meno e via il postfinale, sarebbe stato perfetto.

lunedì 25 luglio 2011

càpten of my heart


Quand’è che abbiamo smesso di parlare in italiano? Quand’è che ha vinto Nando Moriconi? Perché Captain America nel nostro paese non è diventato Capitan America, proprio come il fumetto che conosciamo anche qui da quasi cinquant’anni? Temo ci sia un filo, sottile o forse no, fra questo ridicolo provincialismo e la ragazzina dietro di noi che si chiede il perché di tanto entusiasmo quando il protagonista si butta sulla bomba a mano per salvare gli altri. Figlia della noia, della distrazione, forse anche di un preservativo rotto. Ma vabbè, parliamo del film che è meglio. Ambientazione storica quasi impeccabile (non c’è un po’ troppa plastica nelle stanze dei bottoni?), rischio di eccessi di patriottismo ammerigano schivato, adorabile Stanley Tucci nei panni dello scienziato sfigato e geniale, Chris Evans migliore qui che come Torcia Umana nell’orrida trasposizione dei Fantastici Quattro, incredibile l’effetto speciale che lo rende per un terzo del film basso e magro. Unico difetto: per arrivare in tempo all’appuntamento con i Vendicatori (maggio 2012), il Nostro viene sbrinato ai giorni nostri, cancellando così cinematograficamente cinquant’anni di storie a fumetti. Largo ai gggiovani, anche se non si ricordano già il perché.

giovedì 21 luglio 2011

baratto distratto


Il fumo del sigaro fa strani giri verso il cielo mentre tu lavi via la giornata due stanze più in là. Le luci tra gli abeti mi ricordano Magritte, qualcuno in bici canta chissà cosa. Il gigante (no, sono io che sono basso) ha portato via un pezzo dell'altra casa, provvisorio in tutto, anche nell'accogliere gatta. Gatta che adesso resiste alle mie coccole qualche secondo di più, prima di soffiare. Mah. Grande cosa ibèi, mi dice l'uomo in ascensore mentre tiene in braccio il suo congelatore. Sì, lo so, vorrei dirgli. Ci si scriverebbe un libro, con tutte le persone incontrate anche solo per un attimo.

martedì 19 luglio 2011

mannaggia lu pizzicà


Curioso: c’è più atmosfera da pizzica stasera nel bdcdP che alla Notte della Taranta giù in Salento. I due fricchettoni di sessant’anni sono commoventi, perfetti nei movimenti misurati, bellissimi nella loro complicità. La ragazza riccia ha un abito che ci si aspetta che col tanto agitarsi scivoli sulle tette e invece niente. L’uomo con la maglietta rossa sembra una ballerina di carillon con le fattezze dello spaventato del presepe. La bambina di F. dopo un po’ si rotola per terra sotto lo sguardo felice dei genitori; un bambino che ha la sua stessa età a terra ci finisce perché casca, lontano anni luce da quella libertà. La donna anziana accanto a noi ha gli orecchini di padre Pio e una frenesia trattenuta: alla fine si alza, si muove prima timidamente, poi sempre più a ritmo, sempre più coinvolta; la montagna di grasso che l’accompagna resta seduto, la guarda come si guarda un parente, non si capisce se più con vergogna, con invidia o con odio. Se diventi così ti ammazzo, mi dici ridendo ma mica tanto. Se divento così mi uccido prima io.

lunedì 18 luglio 2011

carta forbice pietra


La Morra: un b&b, una vigna, una cantina famosa, un b&b, una vigna, una cantina famosa, un b&b, una vigna, una cantina famosa, e via così. L’uva è asciutta e dolce, disseta un attimo e poi l’arsura è peggio di prima. Il caldo è impietoso mentre cerchiamo la cappella colorata da Sol LeWitt, un toret sarebbe l'ideale e invece incontriamo solo l’eco di una macchina e due stranieri che forse hanno sbagliato strada. Dopo un po’ le mie gambe come sempre prendono ad andar da sole, non sanno dove andare comunque ci vanno, tirerebbero dritto fino a Barolo come niente. Poi appare, piccola oasi rossa, gialla, verde, blu. Ed è appena l’inizio di una giornata perfetta. La sai quella della Cosa che gioca con Edward Mani di Forbice?

giovedì 14 luglio 2011

come quando non scopi da un po’


Sì, insomma, breve ma intenso, come il concerto di Anna Calvi. D’altronde ha fatto un solo album. Chi è Anna Calvi? Vabbè, ma allora che vi parlo a fare? Ventott'anni, inglese di padre italiano, voce sottile e minuscola mentre parla, voce incazzosa e sensuale quando canta, molto brava, anche piuttosto gnocca. Deve lavorare sulla presenza scenica, ma è ancora gggiovane. A proposito di gggiovani, il pubblico non lo era particolarmente. Molto alternativo, quello sì, ma anche molto tabagista: una tragedia per me che speravo di scroccare una canna e mi sono ritrovato a sorbirmi un coro di sigarette di merda. Molto Spazio 211 (che è l’inculatissimo posto dove si svolgeva il concerto), ma anche trapuntato qua e là di personaggi non proprio a posto con la testa, tipo il tizio con la maglietta rossa che sembrava Charles Manson o l’uomo (ma quanti anni aveva, 30 o 50?) accanto a noi: uno che si agitava al ritmo della musica con la stessa verve di uno che trattiene la pipì, uno che - per capirci - nel desktop del telefonino aveva Avril Lavigne.

mercoledì 13 luglio 2011

asce(t)tico


Se fossi uno che ama i cani adorerei quella cagnetta che ha deciso di farmi le feste nonostante probabilmente “puzzassi” di gatto e che, quando è stata legata dal padrone, mi chiedeva con quelle due rughe in mezzo agli occhi perché non potesse continuare a giocare con me. Che poi è quello che mi sono chiesto anch’io mentre il padrone mi faceva accomodare all’ombra, in attesa che arrivasse suo figlio. Che infine è arrivato. Che mi ha piazzato i gomiti sulla schiena e preso a pugni le piante dei piedi. Che mi ha fatto domande intelligenti e un paio minchie. Che alla fine mi ha detto cose che forse sapevo già ma che sentirsele dire male non fa. Insomma lo shiatsu era un’altra cosa, ma il massaggio tibetano non mi pare così male.

domenica 10 luglio 2011

dedicato a una bionda


Cara Annuska,
Mi spieghi come cazzo hai fatto a leggere in un giorno e mezzo Pastorale americana di Philip Roth? E sì, perché io ci ho messo una vita e il male alle ossa sento che non andrà via così presto. Ed ero totalmente coinvolto anch'io, tanto che pure se avevo tempo per due-tre pagine, mi ritrovavo da subito completamente immerso nella storia dei Levov. Non so, mi capita poche volte di rimanere così invischiato (nel senso buono, s'intende) in una storia tanto dolorosa e tanto epica nella sua normalità (normalità? che è?!?). Difficilmente dimenticherò la scena dell'incontro con la figlia dopo tanti anni, così piena da sentirne l'odore acre di vomito e sporcizia, o il flashback sulle scoperte sessuali dello Svedese e la moglie (quanta dolcezza ed erotismo in appena due pagine), o l'interminabile ultimo capitolo a cena, apoteosi del non detto e non fatto, culmine che sembra arrivare e non arriva, forse, chissà. Stava lì, sullo scaffale, in attesa da qualche anno. Grazie per avermi invogliato a leggerlo. Ma se mi farà stare ancora male, mi sa che te ne scriverò.

mercoledì 6 luglio 2011

intimissimi


Vedere dopo più di un anno (due?) il vecchio film dell'attrice famosa ma non tanto che sta con una specie di detective più grande di lei e poi a un certo punto si piscia addosso nel deserto; un film che ho cercato su google sa quanto (e poi è Moretti quello che fa i quiz difficili!), è un po' come osservarti nel sonno mentre ti accarezzo appena, stasera che è un'ora troppo giovane e tu respiri tranquilla in una stanza che è tutta tua e un letto dove adesso sconfini tu, con la tua mano morbida sulla mia gamba, a un centimetro dal cazzo ma nessuno dei due la sposterà di lì, perché in questo momento non avrebbe senso né più vicina né più lontana. Vedere Holy smoke di Jane Campion è rivalutare un film scacato da pubblico e critica, chissà poi perché. Sì, la prima ora è perfetta, una satira feroce e intelligente. Bella colonna sonora, comprimari perfetti, Keitel è una sagoma, la Winslet - burrosa come mai più - (è) inquieta. Poi la svolta sentimental-sadomaso, il finale chiuso, accomodante ma forse - a pensarci - anche no, che lascia un po' così. Adesso troviamo il tempo per Karakter: doppiato in spagnolo, questo offre il mulo. Ci faremo due risate.

lunedì 4 luglio 2011

il secondo buco


Aguzzate la vista© Dantès 2011

venerdì 1 luglio 2011

mutatis mutantis


Mi aspettavo la masculiata di Santa Rosalia e mi sono ritrovato con una serie di simpatiche miccette. X-men: L'inizio ha tanto di buono (il prologo nel campo di concentramento, l’atmosfera Sixties, il complesso rapporto tra Xavier e Magneto, il modo in cui riesce a giocare con la Storia senza risultare ridicolo o offensivo) ma la continuity con il resto della saga fa un po’ troppa acqua, ci sono troppe strizzate d’occhio agli appassionati “storici” e ai ragazzini, e Matthew Vaughn, dopo l’ottimo Kick-ass, qui fa rimpiangere il geniaccio di Bryan Singer. Michael Fassbender e, soprattutto, Kevin Bacon, viceversa si fanno amare senza riserve.

mercoledì 29 giugno 2011

vegetali


Tu ridi e pregusti tutte le verdure che mangerò stasera, probabilmente una concentrazione che supera la mia media trimestrale. Ma è tutto buono, persino le cose da cui mi aspetto poco o nulla. Le ragazze sono in gamba, il glicine forse non è un glicine, C. aleggia discreto, Beppe è un fantasma che vedo solo io. In compenso la fauna intorno è drammatica: la media è femmina, 30-40enne, disturbi alimentari, fumo, piatti lasciati a metà, acqua naturale, neanche il pensiero di un vino, dolci spazzolati con colpevole rapidità felina. Guardo noi e il nostro tavolo: la bottiglia vuota, le briciole di pane, i bicchierini dell’ammazzacaffè, poca voglia di andar via. Come salutisti siamo più credibili io e te.

martedì 28 giugno 2011

ce parigi tenéve lù mare


Mentre negli Usa è tempo di blockbuster (non il negozio, i filmoni! ma minchia ma vi devo spiegare tutto?), qui si nicchia aspettando l'ultimo Erripotte (vivaddio, e lo dico da fan) e quell'ennesima minchiata di transformer (che mi stavano sul cazzo come giocattoli quand'ero bambino figuriamoci mò da film). Poi dici: vabbè, c'è un film francese divertente, Le donne del sesto piano, andiamo... ma ahimè te ne penti dopo dieci minuti. Venti, su, ché gli dai ancora il beneficio del dubbio. No, non si può soffrire una commedia se è innocua, da qualunque nazione provenga. Sennò stavo a casa e mi cercavo un pieraccioni qualsiasi. E invece sto qua, a pensare «povero Lino Banfi, Fabrice Luchini comincia a somigliargli». Il resto è Natalia Verbeke (grazie al cielo!), la Francia anni Cinquanta, De Gaulle alla radio, qualche schizzetto reazionario, padroni buoni e scemi, stereotipi sui francesi, stereotipi sugli spagnoli, Carmen Maura che te la ricordi con Almodóvar e un po' ti intristisce che stia lì a fare la spagnola che fa la spagnola. Un po' come i toscani che devono fare i toscani. Un po' come Pieraccioni. E allora forse tutto torna.

lunedì 27 giugno 2011

marta che non parla con dio


Esci che canti ridendo «Mi sintonizzo con Dio, è la frequenza giusta», ma addosso hai l’odore dei gas di scarico di una sconnessa città di cemento, e contemporaneamente ti senti pieno di tenerezza per alcune sequenze (Marta che si osserva le tette minuscole allo specchio), di tristezza e rabbia per altre (quelle che raccontano la totale vacuità dell’ambiente chiesa), di malinconia per quel bel finale un po’ surreale un po’ no con i ragazzini in riva al mare. E pazienza per qualche metafora un po’ troppo scoperta: Corpo celeste è l’ottimo film di una regista di talento (Alice Rohrwacher). La giovane protagonista Yle Vianello potrebbe avere un grande futuro, memorabili Salvatore Cantalupo e Pasqualina Scuncia, grande Renato Carpentieri nel ruolo piccolo ma molto significativo del vecchio prete. Anita Caprioli è tanto fica anche nella versione dimessa richiesta dal copione.

venerdì 24 giugno 2011

tunnel of love


Veronesi (Umberto, non l’invidiato compagno della Solarino) è come il papa o Napolitano: se dice minchiate c’è pronta la claque, se gli scappa qualcosa di interessante tutti a dargli addosso. Ma cos’ha detto di così terribile? Che l’amore finalizzato alla procreazione non è disinteressato e quindi è meno puro di quello omosessuale. E lo ha detto in risposta alle deliranti dichiarazioni di un nazista sindaco di merda e dell’uscita infelice di un altro primo cittadino. Una provocazione? Ma anche no. Io lo trovo un concetto elementare quanto romantico: se quando scopo con te antepongo il fatto che mi caco in mano della morte e voglio un microme cui trasmettere il mio piccolo inutile patrimonio genetico; se subordino o non penso più che amo ogni centimetro del tuo corpo e ti succhierei in ogni dove e solo sentire il tuo profumo anche quando sei fuori casa me lo fa diventare duro... beh, allora sono soltanto un essere triste e anche un po’ miserando.

giovedì 23 giugno 2011

grisù


Sappiatelo, da oggi so usare un estintore. Che mi dicono, purtroppo, estingua solo gli incendi. Mattinata pregna, iniziata con un'alba piovononpiovo e Quando mi vieni a prendere sull'ipod (perché Liga non sarà più quello di una volta ma è capace ancora a scrivere cose così, cari miei), infine proseguita con il corso antincendio. Senza caffè per quattro ore, devo aggiungere altro? Sì, l'insegnante. Che diceva intavno invece di interno, aveva il culo a papera e l'abito blu con i mocassini senza calze. Per la prima ora non ho guardato altro. La bruttezza, a volte, è ipnotica.

lunedì 20 giugno 2011

trust someone (like me?)


Non l'avrei mai detto, ma a Elio, per una volta, preferisco Seth Rogen. Ché io insomma quel paciarotto l'ho trovo abbastanza insopportabile, anche se in Zack e Miri era quasi simpatico, per dire. In Paul è la voce dell'alieno e devo dire che è molto meglio del Nostro che lo doppia in italiano: troppo meccanico, troppo piatto. Vabbuò. La notizia vera è che il film di Greg Mottola è divertente, con punte persino molto spassose. E fa niente se alla scena della maglietta con Gesù che spara a Darwin solo io e Unfattovéro ci ribaltavamo dalle poltroncine del cinema: siamo pur sempre in Italia, e nella fattispecie nel bdcdP. D'altronde gli ingredienti perché una commedia così funzionasse c'erano tutti: l'omaggio al mito alieno e alla fantascienza specie quella Lucas-Spielberg, l'intramontabile must della rivincita dei nerds, le differenze Inghilterra-Usa, le stoccate al fondamentalismo religioso, il giusto tono politicamente scorretto. Nick Frost e Simon Pegg, anche autori della sceneggiatura, fanno spesso faville; e pure grazie al suo ruolo, viene fuori a meraviglia Kristen Wiig.

mercoledì 15 giugno 2011

padri e ladri


I primi venti minuti sembra di leggere certi post di only, ti viene persino male alla milza e senti le gambe pesanti. Il bambino è odore di grasso di bici, polverosa cancelleria scolastica e campetti di calcio che non hanno mai visto erba, capelli incollati e rivoli sudati di nero che non riescono a cancellare il profumo della sua età. Dicono: finalmente un film dei Dardenne che finisce bene. Sì ma quanto fa male la scena dell’autolesionismo? Io ho pianto, così, di botto e tanto, in quei pochi, lunghissimi secondi. Il ragazzo con la bicicletta, che racconta la fallimentare ricerca di una figura paterna da parte di un ragazzino di 11 anni, è meno intenso degli altri film dei due fratelli ma è comunque molto bello. Grande merito va al debuttante Thomas Doret; Cécile de France è perfetta.

martedì 14 giugno 2011

i vecchi e i giovani


Ieri in ufficio s’è aspettato le cinque, poi è partito il tifo da stadio. Un urlo liberatorio e salvifico per quel 57% più o meno fisso ormai a ogni refresh di internet. Non ci credevo, non me l’aspettavo. Fino alla fine. Domenica ho seguito con parecchio interesse su fb la cronaca puntuale della mia amica S. dal suo paesello vinicolo: buona affluenza, età media piuttosto alta, quasi assenti i 30-40enni. Sarei curioso di sapere se anche altrove è stato così. Perché allora sì che sarebbe rivoluzione, con gli anziani che s’informano a dispetto di una tv bulgara e volutamente geriatrica, e i ragazzi con i loro social network e le prese per il culo virali e il ritorno della risata capace di seppellire. In culo alla mia generazione, troppo occupata a masturbarsi con la playstation.

lunedì 13 giugno 2011

when dantès met ms


Mi ricordo una casa moderna fuori museale dentro, una scalinata, una madre e un figlio che sembrava Norman Bates, un libro dei testimoni di geova per bambini. E mi ricordo come tutto è nato, quando le parole scritte sono diventate suono, in quel letto, tra quelle strade, sotto quei portici, in quel cinema con le musiche dei Gogol Bordello. Due di due. Più tre.

lunedì 6 giugno 2011

porn in the u.s.a.


Americani, signora mia! Quanto rumore per nulla di fronte a Zack e Miri make a porno (il titolo italiano no, vi prego, è quasi peggio del moralismo statunitense)! E sì che il penultimo film di Kevin Smith, uscito tre anni fa in patria e da noi mò, è in realtà una commediola incredibilmente romantica, una specie di Frank Capra che parla di vibratori e fiche di gomma, bolle di sapone fatte col culo e costipazioni risolte col sesso anale. Volgare? Massì. Di una volgarità liberatoria, un po' infantile un po' no, trionfalmente (e a volte tronfiamente) scorretta. Un film dove, te lo immagini già dall'inizio, alla fine l'ammmore trionfa. Non è il Kevin Smith di Clerks o Dogma, ma si ride senza vergognarsi. Attori perfetti, sequenza dell'ubriaco da antologia, titoli di coda da seguire.

domenica 5 giugno 2011

lapide forse lepida (e che rodari mi perdoni)


In questo letto bianco e giallo
dove forse si dispersero puà neri
giacque un po' di là e adesso molto di qua
il bloggaro Danté fu Piazzadellerbe
a contatto metà fisico metà metafisico
con un fatto véro così véro
che abbrancicato a tergo
rideva leggendo con un sorriso sulla spalla
in una pioggia mattutina che profumava di entrambi.

mercoledì 1 giugno 2011

una settimana, un giorno


Mercoledì? Cioè vuoi dirmi che non aggiorno il blog da una settimana? Beh, sì, ho avuto il mio daffare. Lavoro, ché Genova mi ha scippato tempo ed energie, compreso lo scazzo cristonante che mi è preso davanti a una poliziotta incapace di sopportare quanto fossi stanco domenica sera, mentre cercavo inutilmente il pullman che mi avrebbe portato a casa. Pullman talmente vuoto che veniva voglia di togliersi le birki (fatto) e mettersi col pisello al vento (non fatto). E lunedì alla fine è arrivato e con lui i risultati elettorali. Troppo occupato per festeggiare: che poi cazzo dovevo festeggiare? Il bdcdP è felicemente guidato da una donna di sinistra già da un paio d’anni mentre al cafone non si è ancora dissolto. Auguri casomai ai neoeletti, ché non li invidio per niente, dovranno farsi un culo mica da ridere, soprattutto a Napoli e Milano. Comunque, mentre altrove si facevano i caroselli per le strade, io ci avevo un carosello tutto dentro, una fibrillazione di vuvuzelas come neanche domenica allo stadio per Inter-Palermo (ok ragazzi ci abbiamo provato, è stato bello arrivare fino lì). Una specie di pizzicorino sul corpo, una roba che attraversava testa e pisello passando dal cuore e rendendo molli le gambe. No, niente per cui serva il Polase: è "solo" che il mio ammmore è arrivato a casa. La nostra.

mercoledì 25 maggio 2011

basso impero


Uno sembra un ex pugile ma è un medico, da quello che riesco ad ascoltare. Racconta di come quindici anni fa abbia usato i suoi 350 milioni per comprare case che adesso vuole vendere a cadenza annuale, per godersi i soldi nei suoi sessant’anni. E un po’ mi sta simpatico. L’altro, un po’ anonimo, sembra più vecchio ma è più giovane di poco. Abbassa la voce e inizia a parlare di politica, mentre il primo annuisce. Parlano del dopo, di lunedì e di cosa accadrà se vince quello o quell’altro. Del suo aver creduto a qualcuno, qualcosa, prima di rendersi conto della pochezza dell’insieme. Il tutto senza polemiche e bassezze, ragionando lucidi davanti a una bistecca, parlando di persone e non di fango. Per capire tutto ci vorrebbe Marlee Matlin, ma mi diverte l’aria da cospiratori. Quando pensavo alla “maggioranza silenziosa”, l’immagine era un’altra. Questa, però, è più divertente.

domenica 22 maggio 2011

che le balle ancora gli girano


Avevo lasciato Rachid Bouchareb col suo compitino, senza sapere che avesse prodotto i film di Bruno Dumont, uno di quegli indigesti che servono polemiche a Cannes su un piatto d'argento. E proprio da Cannes, quello dell'anno passato, arriva Uomini senza legge (Hors-la-loi, traduzione quasi passabile). Film che aveva fatto incazzare i francesi. Come dar loro torto, visto che ricorda una pagina scandalosa del loro periodo coloniale? Bouchareb racconta la storia attraverso una sorta di gangster movie filtrato attraverso gli occhi di tre fratelli (il cazzaro, l'uomo di famiglia, il malato di rivoluzione) che funziona, a dispetto delle critiche di allora, tiepide come l'acqua per il bidet. Certo 138 minuti sono tanti e qualche momento didascalico poteva essere sacrificato, ma complessivamente si tratta di buon cinema.

P.S.: boicotta anche tu il Pathé. Un cinema che costa 8 euro, non ha birre ma solo tanti zuccheri e coloranti, e quando comincia il film non c'è il sonoro. Schifomerda!