Io cucino. Mi piace, a volte mi rilassa. E sono curioso, come una scimmia. Ecco perché mi è sembrata un’idea interessante fare un corso di cucina “altra da me”, vegana, che detto così pensi a semi e verdura scondita ma che in realtà, per fortuna, può essere mille cose diverse. Da alternare alla carnazza e al pescetto, of course, ché rinunciarci sarebbe un delitto. Considerato poi che la signora maestra è una ragazza in gamba e per nulla fanatica, io e la ms ci siamo buttati in questa nuova avventura. Sono l’unico uomo. La maggior parte delle partecipanti non mi guarda con sospetto, semplicemente non mi guarda. Però io, che non mi faccio mai una vagonata di cazzi miei, le guardo e, soprattutto, le ascolto. Tre o quattro hanno un bastone nel culo talmente dritto che l’ultima volta che hanno sorriso dev’essere stato da bambine. Trovano inconcepibile che si possa godere mangiando, la considerano una perdita di tempo, odiano i loro uomini, le loro famiglie fatte di pasta al forno domenicale, i loro bambini che barattano i panini con le merendine, chissà se li hanno mai ascoltati, chissà se si ascoltano. Ma la più inquietante è la capoclasse, quella che aiuta a distribuire dispense e piatti, che cerca conferme, un guru o semplicemente una chioccia. Quella che dopo 30 secondi di lezione ha chiesto stupita «Quindi possiamo mangiare contemporaneamente cereali e legumi?!?».