Eh, la Spagna. Quel loro aver buttato nel cesso clero e duce, quel loro saper vivere, quella lingua che
tutte le volte sembra che l’hai dimenticata, poi ti accorgi che
visto che non l’hai mai avuta è un po’ difficile perderla, e
tiri fuori le parole più difficili da chissà quale cassetto del
cervello. Lanzarote: sottotitolo «e io che mi pensavo che fosse
tutto un ciabattare mare-spiaggia-mare». Cosa mi è rimasto?
Vediamo. I colori: una sequenza pressoché ininterrotta di rosso e
nero e bianco e grigio macchiati di verde. Il nostro grande
appartamento pagato quasi un cazzo. Lo spumante a colazione. L’uomo
con la birra in mano, sempre. Il sosia di Peter Griffin. Le opere
della sala principale del museo d’arte contemporanea di Arrecife e
la sua guida surreale. La sciatteria del ristorante stile James Bond
del medesimo museo. Famara che ti fa venir voglia di saper surfare. I cinque chilometri di strada sterrata per andare a Papagayo. Charco de Palo con il suo naturismo totalmente libero da dogmi. Il panorama lunare di Timanfaya, ancora più spettacolare in
quella perfetta giornata uggiosa. La spiaggetta nel centro di
Playa Blanca. Gli arredi della Fondazione César Manrique. Le chiese
chiuse come le cosce tese quando ti vuoi confessare (non era così?). La
degustazione di vini lungo La Geria. Il pesce, il mojo verde, l’aglio
in ogni dove. Lo spettacolare ristorantino fighettino in uno dei
posti più sfigati dell’isola. Il ronmiel, che sarà anche dolce ma
freddo ha il suo perché. La partita di chissacchì con chissacché
che stava lì in sottofondo mentre noi facevamo qualcosa di molto più
vero, più bello, più importante.
sabato 30 giugno 2012
giovedì 28 giugno 2012
charlie chaplin non riusciva a prenderli in braccio
È da ieri mattina che cerco di ricordarmi la volta che ho visto al cinema Harry, ti presento Sally. Era il 1989, dunque non ero in compagnia femminile. Dubito di esserci andato con M., mio compagno di visioni dell’epoca, perché non era il suo genere. Probabilmente ero da solo. Che, al cinema, mica è una roba brutta, anzi. Comunque. Ricordo invece che il film mi entrò in circolo lentamente. Uscii convinto che fosse finita lì, ridacchiando per qualche battuta, punto, amen. Eppure già la notte stessa mi rinvennero come dolcissima peperonata certi dialoghi, certe situazioni, la geometrica perfezione dell’impianto, quella levità mai sciatta o banale, la gnocchezza e la faccia da tolla della Ryan. E da allora, quando guardavo ancora la tv e saltellando tra un canale e l’altro beccavo una scena, mi dicevo «Beh, dai, ne guardo un pezzettino» e finiva che rimanevo lì fino ai titoli di coda. Come se non bastasse, credo lo scrissi già nel vecchio blog, Harry, ti presento Sally ha contribuito notevolmente alla mia educazione sentimentale insieme a Pensavo fosse amore invece era un calesse. Ed è anche per questo che mi ha messo una gran tristezza sapere della morte di chi quel piccolo miracolo di commedia americana lo ha scritto (così come ha scritto anche Silkwood, Heartburn, Sleepless in Seattle).
mercoledì 27 giugno 2012
lunedì 25 giugno 2012
e scoprirai che nulla è cambiato
Il tempo di scendere dall’aereo e quelli che solitamente hanno già in bocca la sigaretta stavolta hanno per le mani lo smarfòn sintonizzato sulla cinica lotteria dei rigori. Tutto quel rincorrersi così infantile all’interno del bus strapieno, le madri - pardon, fidanzate - lasciate al palo coi bagagli, l’inconscio (?) gayo cameratismo che esplode nel fatidico poppopoppopo dopo l’ultimo tiro in porta: un po’ troppo come ritorno dalla placida civiltà isolana. Quasi peggio del prezzo del gasolio o delle dichiarazioni del sottosegretario Polillo (chi?!?).
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mondo minchia
venerdì 22 giugno 2012
carramba che sorpresa
Uccido il rientro a casa a piedi con l'ipod. A un tratto mi ritrovo davanti una coppia di sedicenni (?). Lei ha un vestitino nero altezza passera, a lui han cacato in testa un cappellino bianco, poi ha canotta bianca senza maniche e pantaloni della tuta stile «vorrei la pelle nera... e anche un sacco di miliardi per fare i video con le strafiche». Ha anche una voce orrenda, con una erre moscissima che col resto non c'entra nulla. Litigano per gelosia. A un tratto decidono di attraversare mentre un giovane donnino in utilitaria sta andando allegramente per cazzi suoi. Lei suona più volte, s'incazza. Lui si gira, le tira fuori il medio. Lei s'impietrisce. Suona. Due secondi e incrocia i carabinieri, spiega cos'è successo. Le forze (?) dell'ordine (?) vanno a parlare con cazzoncello e minigonnata. Chissà com'è andata a finire. Il macellaio ha ucciso la mia curiosità urlando «La poooortaaaaa!».
mercoledì 20 giugno 2012
yes i love you in the sky forever
Beppe patrimonio dell'umanità. Quando sei lì, un po' scazzato, a pranzo per riconciliarti col mondo. Quando la versione bancario in giacca e cravatta di Saviano ti si farebbe lapperlà e tu, dovessi scegliere, ti faresti il suo presunto compagno. Quando i plin ti si sciolgono in bocca e lui (Beppe) ti racconta di New York e ti viene nostalgia solo al nome. Poi chiosa così e non sai più che dire: «La cosa più bella? Vedere la felicità di mia moglie».
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lunedì 18 giugno 2012
ce nge n’am’a scì, sciamanìnne
Lanzarote: abbiamo scoperto che trattasi di Canarie, anche se a un tot le spacciammo per Baleari. Comunque si torna in Spagna, e questo è quanto di più fico. Magari facessimo come Lanzarotto che lì rimase. Pensa se un giorno si chiamasse Dantese o Spohalle. Se vedemu. Un po' di post arretrati vi terranno compagnia.
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giovedì 14 giugno 2012
come? ma dove?
Non dovrei scrivere del film Molto forte, incredibilmente vicino. Il libro, regalatomi così, a botta di culo, senza saperne nulla, mi è entrato sotto pelle. C'è stato un periodo in cui lo regalavo a chiunque mi sembrasse meritevole. È un gran bel romanzo, pochi cazzi, almeno superate le prime cinque pagine. E il film è un'altra cosa, inevitabile. Ma il problema non è questo. Sarà che la parte che avevo amato di più, il flashback sui nonni, qui è saltato a piè pari e il personaggio di Max Von Sidow (peraltro molto bravo), così privato del suo background sembra una sorta di Buster Keaton rincoglionito. O forse è la figura del padre (Tom Hanks) che è troppo ingombrante. Magari a trasformare il linguaggio di Safran Foer ci voleva un genio alla Michel Gondry. Il film di Stephen Daldry commuove senza emozionare. Peccato.
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mercoledì 13 giugno 2012
fracchia contro
Inseguo per giorni il mio capo, finalmente prendo il virtuale numeretto dei messaggi istantanei e lui mi concede quei cinque minuti in cui riassumerò una settimana di lavoro e una firma per le ferie (ah sì, per inciso la prossima settimana non ci sono). Porte e finestre aperte, corrente come se piovesse (no, diluvierà di lì a due ore), apro la porta e cerco di richiuderla senza che sbatta. Ci riesco benissimo, complice una falange del dito medio (sempre quella) a fare da feltrino. Non urlo, la ms sarebbe orgogliosa di me. Però fuori li vedo cadere. Li vedo solo io, ma sono tanti. Santi e santissimi, angeli di ogni schiera, persino qualche madonna (no, non quella simpatica milf che gioca a provocare e che un po' mi spiace non aver visto in concerto). «Forse dovresti metterlo sotto l'acqua fredda» dice lui. Bene, una bella figura di merda, giusto per cominciare.
martedì 12 giugno 2012
l’uomo che volle farsi olivier
Si parla tanto, e giustamente, di che lavoro strepitoso abbia fatto Michelle Williams per diventare la Monroe in My week with Marilyn. Tanto di cappello, ma resta in ombra, un po’ come il vero Laurence Olivier ne Il principe e la ballerina, Kenneth Branagh. Che sì, va bene, gli sarà venuto naturale calarsi nei panni dell’attore di cui probabilmente si sente “figlio”; che te lo immagini da bambino, mentre gli altri stanno lì a giocare a indiani e cowboy, dire al suo amico immaginario «Facciamo che io ero Amleto e tu eri Orazio». Però, insomma, anche la sua interpretazione merita. Per il resto il film è riuscito a metà, è privo di guizzi e, soprattutto, Emma Watson non fa ancora vedere le tette.
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mercoledì 6 giugno 2012
l’uomo-luogo comune
Piuttosto che fare una fila mi rifarei togliere le emorroidi, ma in banca, ieri, dovevo andarci per forza. La banca, per chi non lo sapesse, è come la posta: una grigetta vecchia puttana che si imbelletta quotidianamente per far credere di essere giovane e bella. Uno spettacolo patetico, sì, ma ci si casca in tanti, specialmente al mattino, specialmente a una certa età. Insomma ero lì ad aspettare il turno in coda parallela allo sportello (ma perché?!?) e tentavo inutilmente di isolarmi da questo mondo, mentre il più giovane del gruppo (un cinquanterottenne vestito quasi da spiaggina) dispiegava in poderosa successione tutti i luoghi comuni di sua conoscenza. Terminate le considerazioni sulle stagioni, sono arrivate senza soluzione di continuità la politica, le tasse, le pensioni, la disoccupazione, l’augurio che siano licenziati quelli che lavorano in banca. Se tra dieci anni divento così, uccidetemi.
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mondo minchia
martedì 5 giugno 2012
io c'è (e ha visto chiavari)
Ci sono giorni in cui fissi la pagina bianca. Altri in cui fissi il bianco degli occhi e ti perdi la pupilla. Altri che sudi su altre pagine che ti danno uno stipendio. E poi ci sono dei giorni... e delle lune, e del cinema (ma guarda!). Io c'è, e ha scoperto che dai e dai le strade che portano a Zena e dintorni non sono poi così scomode. Cominci a chiamare le curve e i paesi, e miss tomtom è solo uno iato tra «omminchia ancora tutta 'sta strada» e «guarda, siamo quasi arrivati». Chissà dov'è l'ex Piaggio. Ma in fondo il cielo era grigio, o forse comunque sempre più blu.
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