Siete mai stati al President di Milano? Non l'albergo, il cinema. Ci si arriva dopo aver camminato per un pezzo di storia del nostro paese. Superato il duomo, sulla destra, passate dalla questura, la cui aiuola sottostante ospita le due lapidi ricordo di Giuseppe Pinelli: una è quella originale con la scritta «ucciso», l'altra è del comune e dice «morto tragicamente». Poi attraverserete piazza Fontana: sobriamente, forse troppo, una targa sulla facciata della banca nazionale dell'agricoltura ricorda la strage che si avvia verso i suoi quarant'anni di interrogativi irrisolti. Un semaforo ancora e poi, sulla sinistra, ecco il cinema. Dove, a parte il dolby surround e la vendita dei dvd, tutto il resto è miracolosamente Seventies. Vederci Frost/Nixon mi ha fatto un certo effetto: uscendo avrei voluto ordinare un punt e mes al bar, magari leggendo sul Corsera le ultime bravate di Vallanzasca. E invece sulle colonne del medesimo giornale ho scoperto che, secondo Alberto Pezzotta, il film di Ron Howard parla di «una materia per noi estranea». Massì, forse ha ragione lui: in Italia un uomo di potere che, messo alle corde, ammette di avere sbagliato e chiede scusa al Paese potrebbe esistere solo in un film di fantascienza.