giovedì 16 luglio 2015

salvate il soldato hook


«Ricchi coglioni che dicono a stupidi coglioni di uccidere poveri coglioni.
Questo è l'esercito»
('71, Yann Demange)

Vabbè, ditemi «Te l'avevo detto» e non ci pensiamo più, ma quanto è fico 'sto '71? Lo avevo evitato all'ultimo Torino Film Festival perché temevo l'ennesimo film, un po' noioso, sul conflitto irlandese. E invece non ci si annoia mai. Claustrofobico, con sequenze al cardiopalma, girato abbastanza da dio da un regista francese al suo primo lungometraggio dopo un bel po' di tv, ha un ritmo notevole, una signora sceneggiatura, e dimostra una volta di più come la stessa storia (Storia) si possa raccontare con modulazioni e angolazioni diverse. Insomma, per usare un francesismo (già che ci siamo), a dispetto di qualche stereotipo è un film che spacca i culi. E se si pensa che il tutto accadeva davvero non poi troppi decenni fa, la cosa mette giusto quel tocco di angoscia in più. Da vedere senza se e senza ma. Gira al cinema in originale con i sottotitoli, non ho poi capito bene perché. Di certo, la lingua inglese con cadenza d'Irlanda, senza, è incomprensibile giusto un gradino sotto quella che si parla in Scozia.


martedì 14 luglio 2015

notte horror: il conte dracula


- I am Dracula. Enter freely and of your own will.
(Count Dracula, Jesús Franco)

È con grandissimo piacere che apro le danze di questa seconda edizione di Notte Horror, e non con un film qualunque, ma con Il conte Dracula (1970) di Jesús Franco, con il mitico e (pensavamo) inossidabile Christopher Lee. Come tutti i grandi personaggi letterari, Dracula, come Frankenstein o Pinocchio o il conte di Montecristo, è stato trasfigurato, banalizzato, accorciato, minoreitanizzato (chi coglie la citazione senza ricorrere a Google vince una cena col sottoscritto) da mille film diversi. Ebbene, il regista spagnolo che più ha dato al cinema di genere con boiate enormi, film decenti e piccole perle lungo una carriera sterminata, è stato, almeno fino al capolavoro di Francis Ford Coppola, quello che, con questo film, pur semplificando e accorciando, è rimasto più fedele al romanzo di Bram Stoker. Lee, ovviamente, interpreta per l'ennesima volta il vampiro, anche se, obiettivamente, il migliore tra gli attori è senz'altro Klaus Kinski nei panni del povero, pazzo Renfield. Il compianto Herbert Lom, già straordinario Dreyfus nella saga della Pantera rosa ma non ancora assurto a mito, qui è Van Helsing. Il film, oltre ad essere ottimo per chi si voglia cimentare con la versione originale (l'inglese perfetto, quasi scolastico, è meglio di un corso della Fabbri Editore), è un curioso esempio di bmovie con un cast non proprio povero (ma le protagoniste sono due attrici culto di Franco, Maria Rohm e Soledad Miranda). Ondeggia tra un Hammer privo di ironia e l'horror di qualità, alternando effettacci scalcagnati, buchi di sceneggiatura e sequenze de paura mica male come quella iniziale del viaggio in carrozza e quella degli animali impagliati. Ne esiste anche una specie di making of molto sui generis, Cuadecuc del mitico produttore Pere Portabella, che si può ammirare qui su youtube: solo per feticisti del cinema, tipo tu che mi stai leggendo, insomma.


E adesso non dimenticate l'appuntamento dei prossimi martedì, nonché, soprattutto, quello delle 23 di stasera con Director's Cult e un altro, mitico titolo che ha per protagonista Sir Christopher Lee: The wicker man.

il giorno degli zombetti


Ci siamo: poche ore e si parte per il secondo anno consecutivo con la Notte Horror on the Blog, l'omaggio che noi zombetti più o meno cresciuti facciamo alla mitica rassegna che ci teneva svegli davanti alla tv ormai qualche secolo fa. Tutti i martedì, da stasera all'8 settembre, doppia recensione: una alle 21, una alle 23. Comincio io con Il conte Dracula, di Jesús Franco, segue due ore dopo Director's cult con uno dei film della lista che preferisco, il malatissimo The wicker man. A più tardi, e ricordatevi di diffondere il verbo. Quello qua sotto.

lunedì 13 luglio 2015

disperatamente al margine di tutte le correnti


Ebbene sì, sono andato a vedere Il nemico invisibile. Perché Nicolas Winding Refn ci ha creduto e cacciato la lira (il dollaro, pardon). E perché Paul Schrader, nonostante The canyons, è stato un grande sceneggiatore e un buon regista, sempre o quasi osteggiato da Hollywood. Così, non so che film sarebbe stato se non ci avessero messo le mani prima della distribuzione, non lo sapremo mai, o forse occorreranno anni, chissà. Fatto sta che, a dispetto dei pessimi giudizi, la prima ora scorre che è una meraviglia e sono sicuro che, se al posto di Nicolas Cage (che peraltro qui fa la sua porca figura) ci fosse stato un Bruce Willis o qualcuno del genere, ci sarebbe un sacco di gente pronta a difendere o quasi a spada tratta questo onesto film un po' vecchio stile un po' no, neanche troppo politically incorrect, che si perde inspiegabilmente nell'ultima, ridicola mezz'ora, quella della resa dei conti, quella che avrebbe dovuto fare scintille. Fatti i dovuti distinguo, sembra di rivivere un po' la maledizione di American sniper: qui come lì dovrebbe, avrebbe dovuto esserci, il confronto-scontro tra l'americano (in questo caso un vecchio agente Cia che ha scoperto di essere affetto da demenza frontotemporale) e l'arabo (un invecchiato terrorista autoesiliatosi che tenta di sopravvivere nonostante la talassemia). Ma anche qui c'è troppo poco spazio per la seconda storia. E certi dialoghi, e certe situazioni poco credibili, non aiutano per niente. È bello rivedere Irène Jacob, lei sì che invecchia a meraviglia.

giovedì 2 luglio 2015

spoon river (ci stiamo invecchiando ragazzi)


Patrick Macnee, più inglese di qualsiasi 007, micidiale con la sua bombetta e il suo ombrello, quando i Vendicatori del fumetto si chiamavano Vendicatori e se dicevi The avengers parlavi di Agente speciale. Paolo Piffarerio, genio di tanto Carosello, mito nella realizzazione di Fouché, ma soprattutto colui che raccolse la pesante eredità di Magnus regalando un centinaio di meravigliosi Alan Ford alla mia infanzia. Laura Antonelli, sola, deturpata, abusata: altri ne hanno fatto un monumento per dimenticare un po’ più in fretta (cit.). Dick Van Patten, che a parte Colombo e Dallas credo abbia partecipato a qualsiasi altro telefilm dei suoi tempi. Sergio Sollima, padre e forse vittima del successo del Sandokan televisivo. Remo Remotti, Freud del più geniale e incompreso film di Nanni Moretti, ma soprattutto stralunato poeta che se ne voleva andare da quella Roma incazzata, puttanona, borghese, fascistoide che tanto somiglia all’Italia.