giovedì 28 giugno 2012

charlie chaplin non riusciva a prenderli in braccio


È da ieri mattina che cerco di ricordarmi la volta che ho visto al cinema Harry, ti presento Sally. Era il 1989, dunque non ero in compagnia femminile. Dubito di esserci andato con M., mio compagno di visioni dell’epoca, perché non era il suo genere. Probabilmente ero da solo. Che, al cinema, mica è una roba brutta, anzi. Comunque. Ricordo invece che il film mi entrò in circolo lentamente. Uscii convinto che fosse finita lì, ridacchiando per qualche battuta, punto, amen. Eppure già la notte stessa mi rinvennero come dolcissima peperonata certi dialoghi, certe situazioni, la geometrica perfezione dell’impianto, quella levità mai sciatta o banale, la gnocchezza e la faccia da tolla della Ryan. E da allora, quando guardavo ancora la tv e saltellando tra un canale e l’altro beccavo una scena, mi dicevo «Beh, dai, ne guardo un pezzettino» e finiva che rimanevo lì fino ai titoli di coda. Come se non bastasse, credo lo scrissi già nel vecchio blog, Harry, ti presento Sally ha contribuito notevolmente alla mia educazione sentimentale insieme a Pensavo fosse amore invece era un calesse. Ed è anche per questo che mi ha messo una gran tristezza sapere della morte di chi quel piccolo miracolo di commedia americana lo ha scritto (così come ha scritto anche Silkwood, Heartburn, Sleepless in Seattle).


1 commento:

  1. anche pensavo fosse amore invece era un calesse. capace di rivederlo ogni volta che ovunque sia.

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