sabato 22 febbraio 2014

malavoglia


Confesso: non avevo mai visto un film di Edoardo Winspeare. Del regista pugliese un po’ austriaco e un po’ inglese che, come certi cantanti di Sanremo, esiste praticamente solo ai festival, avevo quasi tutto nel defunto hard disk, lì, in attesa. Non era destino, evidentemente. Ma a Berlino non mi sono lasciato sfuggire In grazia di Dio. Che pare sia anche piaciuto alla critica. Vabbè, quella internazionale a cui piace tanto un’idea di Italia povera ma onesta tirata giù da chissà che cartolina. In verità in verità vi dico: mi sono annoiato. Le intenzioni sono più che buone, ma come pare abbia detto Mayer (non Sandro, Louis) «Se devo mandare un messaggio, scrivo un telegramma». La storia di Adele (Celeste Casciaro) e della sua famiglia, costretta a chiudere la piccola fabbrica e a ripiegare in campagna, dove scoprirà che un’altra vita è possibile, potrebbe funzionare se non scadesse nel retorico o nell’inverosimile (la figlia cretina e troia che diventa un piccolo genio a scuola dopo essere rimasta incinta), se non tirasse il tutto per 144 minuti, se non esibisse una religiosità quasi pornografica a cominciare dal titolo. Però gli attori pressoché sconosciuti, soprattutto la coppia di anziani innamorati, sono davvero bravi.

2 commenti:

  1. credo di averne visti un paio del regista. Ricordo ulivi, muretti a secco, sangue ma solo nel titolo.
    Solo che io ci sono affezionata all'Italia povera e onesta rimasta in certe cartoline.

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    1. ulivi e muretti a secco ci sono pure qui. l'ho trovato didascalico, lungo, un po' ingenuo...

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