martedì 9 luglio 2013

sull'eco del concerto che insieme ci trovò


Lei, Diana Krall, vestito nero e tacchi rossi, Celindiòn con il facciotto, moglie devota (le ha anche scritto una moscia canzone) di Elvis rivincitadeinerd Costello, parole, saluti, ringraziamenti ma mai fuori posto, come i suoi capelli. Calcolata, immobile al pianoforte, la voce col cappello e senza, come forse ci si aspetta da lei, come nel video in quel ristorante, ti ricordi? E noi a chiederci come oggi: quanta tecnica? quanto talento? Mai una zampata. E allora viva il suo imperfetto, matto chitarrista col capello pisciato primi Beatles. Memento: recuperare un'altra qualche versione di On the sunny side of the street tipo questa. Lui, Jan Garbarek, l'ho conosciuto con la ms, prima mai coverto. Non è mai troppo tardi, perché forse sarà lontano dalla musica che ascolto (?), ma a me è piaciuto oltre ogni aspettativa. Lui con quelle sopracciglia un po' sataniche, un po' Elio stravolto. Lui con i suoi pompini al sax fatti con tenerezza, un po' nascosti. Con quel pianista apparentemente impassibile ai giochi di rimando di un Trilok Gurtu in stato di grazia, genio numero uno della serata. Lui neanche una parola, lui con quella faccia un po' così di chi mancava 18 anni da Perugia. Ussignur, Perugia non me la ricordavo così bella. Musica ovunque, di ogni genere, per ogni orecchio. Belle scoperte da uno, due, cinque, dieci euro compresoilcd lanciati nella custodia, musicisti di strada che ti riempiono il cuore più di quelli che avresti pagato il triplo. Una mostra fotografica bellissima, trovata per caso, di quelle che dici «ancora!». Al posto dell'ex pugile scontroso, un ristorante che è piaciuto quasi solo a me, un po' come il chitarrista della Krall. Giardini ombrosi dove il rockabilly si fa cazzaro a dovere. Voglia di restare ancora una settimana. Voglia che ti va bene anche prendere tre treni. Si rifà. Oh sì, se si rifà.


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